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1. Celebriamo oggi la Seconda Domenica di Pasqua, denominata anche «della Divina
Misericordia». Com’è bella questa realtà della fede per la nostra vita: la
misericordia di Dio! Un amore così grande, così profondo quello di Dio verso
di noi, un amore che non viene meno, sempre afferra la nostra mano e ci
sorregge, ci rialza, ci guida.
2. Nel Vangelo di oggi, l’apostolo Tommaso fa esperienza proprio della
misericordia di Dio, che ha un volto concreto, quello di Gesù, di Gesù Risorto.
Tommaso non si fida di ciò che gli dicono gli altri Apostoli: «Abbiamo visto il
Signore»; non gli basta la promessa di Gesù, che aveva annunciato: il terzo
giorno risorgerò. Vuole vedere, vuole mettere la sua mano nel segno dei chiodi e
nel costato. E qual è la reazione di Gesù? La pazienza: Gesù non
abbandona il testardo Tommaso nella sua incredulità; gli dona una settimana di
tempo, non chiude la porta, attende. E Tommaso riconosce la propria povertà, la
poca fede. «Mio Signore e mio Dio»: con questa invocazione semplice ma piena di
fede risponde alla pazienza di Gesù. Si lascia avvolgere dalla misericordia
divina, la vede davanti a sé, nelle ferite delle mani e dei piedi, nel costato
aperto, e ritrova la fiducia: è un uomo nuovo, non più incredulo, ma credente.
E ricordiamo anche Pietro: per tre volte rinnega Gesù proprio quando doveva
essergli più vicino; e quando tocca il fondo incontra lo sguardo di Gesù che,
con pazienza, senza parole gli dice: «Pietro, non avere paura della tua
debolezza, confida in me»; e Pietro comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù
e piange. Che bello è questo sguardo di Gesù – quanta tenerezza! Fratelli e
sorelle, non perdiamo mai la fiducia nella misericordia paziente di Dio!
Pensiamo ai due discepoli di Emmaus: il volto triste, un camminare vuoto, senza
speranza. Ma Gesù non li abbandona: percorre insieme la strada, e non solo! Con
pazienza spiega le Scritture che si riferivano a Lui e si ferma a condividere
con loro il pasto. Questo è lo stile di Dio: non è impaziente come noi, che
spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Dio è paziente con noi
perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia
i ponti, sa perdonare. Ricordiamolo nella nostra vita di cristiani: Dio ci
aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lontano, e se
torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci.
A me fa sempre una grande impressione rileggere la parabola del Padre
misericordioso, mi fa impressione perché mi dà sempre una grande speranza.
Pensate a quel figlio minore che era nella casa del Padre, era amato; eppure
vuole la sua parte di eredità; se ne va via, spende tutto, arriva al livello più
basso, più lontano dal Padre; e quando ha toccato il fondo, sente la nostalgia
del calore della casa paterna e ritorna. E il Padre? Aveva dimenticato il
figlio? No, mai. É lì, lo vede da lontano, lo stava aspettando ogni giorno, ogni
momento: è sempre stato nel suo cuore come figlio, anche se lo aveva lasciato,
anche se aveva sperperato tutto il patrimonio, cioè la sua libertà; il Padre con
pazienza e amore, con speranza e misericordia non aveva smesso un attimo di
pensare a lui, e appena lo vede ancora lontano gli corre incontro e lo abbraccia
con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovero: è tornato!
E quella è la gioia del padre. In quell’abbraccio al figlio c’è tutta questa
gioia: è tornato! Dio sempre ci aspetta, non si stanca. Gesù ci mostra questa pazienza
misericordiosa di Dio perché ritroviamo fiducia, speranza, sempre! Un grande
teologo tedesco, Romano Guardini, diceva che Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza e
questo è il motivo della nostra fiducia, della nostra speranza (cfr
Glabenserkenntnis, Wurzburg 1949, p. 28). E’ come un dialogo fra la nostra
debolezza e la pazienza di Dio, è un dialogo che se noi lo facciamo, ci dà
speranza.
3. Vorrei sottolineare un altro elemento: la pazienza di Dio deve trovare in noi
il coraggio di ritornare a Lui, qualunque errore, qualunque peccato ci
sia nella nostra vita. Gesù invita Tommaso a mettere la mano nelle sue piaghe
delle mani e dei piedi e nella ferita del costato. Anche noi possiamo entrare
nelle piaghe di Gesù, possiamo toccarlo realmente; e questo accade ogni volta
che riceviamo con fede i Sacramenti. San Bernardo in una bella Omelia dice:
«Attraverso … le ferite [di Gesù] io posso succhiare miele dalla rupe e olio dai
ciottoli della roccia (cfr Dt 32,13), cioè gustare e sperimentare quanto
è buono il Signore» (Sul Cantico dei Cantici 61, 4). É proprio nelle ferite di Gesù che noi siamo sicuri, lì si
manifesta l’amore immenso del suo cuore. Tommaso lo aveva capito. San Bernardo
si domanda: ma su che cosa posso contare? Sui miei meriti? Ma «mio merito è la
misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché lui sarà ricco
di misericordia. Che se le misericordie del Signore sono molte, io pure
abbonderò nei meriti» (ivi, 5). Questo è importante: il coraggio di affidarmi alla misericordia di Gesù,
di confidare nella sua pazienza, di rifugiarmi sempre nelle ferite del suo
amore. San Bernardo arriva ad affermare: «Ma che dire se la coscienza mi morde
per i molti peccati? “Dove è abbondato il peccato è sovrabbondata la grazia” (Rm 5,20)» (ibid.). Forse qualcuno
di noi può pensare: il mio peccato è così grande, la mia
lontananza da Dio è come quella del figlio minore della parabola, la mia
incredulità è come quella di Tommaso; non ho il coraggio di tornare, di pensare
che Dio possa accogliermi e che stia aspettando proprio me. Ma Dio aspetta
proprio te, ti chiede solo il coraggio di andare a Lui. Quante volte nel mio
ministero pastorale mi sono sentito ripetere: «Padre, ho molti peccati»; e
l’invito che ho sempre fatto è: «Non temere, va’ da Lui, ti sta aspettando, Lui
farà tutto». Quante proposte mondane sentiamo attorno a noi, ma lasciamoci
afferrare dalla proposta di Dio, la sua è una carezza di amore. Per Dio noi non
siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia;
anche se peccatori, siamo ciò che gli sta più a cuore.
Adamo dopo il peccato prova vergogna, si sente nudo, sente il peso di quello che
ha fatto; eppure Dio non abbandona: se in quel momento inizia l’esilio da Dio,
con il peccato, c’è già la promessa del ritorno, la possibilità di ritornare a
Lui. Dio chiede subito: «Adamo, dove sei?», lo cerca. Gesù è diventato nudo per
noi, si è caricato della vergogna di Adamo, della nudità del suo peccato per
lavare il nostro peccato: dalle sue piaghe siamo stati guariti. Ricordatevi
quello di san Paolo: di che cosa mi vanterò se non della mia debolezza, della
mia povertà? Proprio nel sentire il mio peccato, nel guardare il mio peccato io
posso vedere e incontrare la misericordia di Dio, il suo amore e andare da Lui
per ricevere il perdono.
Nella mia vita personale ho visto tante volte il volto misericordioso di Dio, la
sua pazienza; ho visto anche in tante persone il coraggio di entrare nelle
piaghe di Gesù dicendogli: Signore sono qui, accetta la mia povertà, nascondi
nelle tue piaghe il mio peccato, lavalo col tuo sangue. E ho sempre visto che
Dio l’ha fatto, ha accolto, consolato, lavato, amato.
Cari fratelli e sorelle, lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio;
confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo; abbiamo il coraggio di
tornare nella sua casa, di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci
amare da Lui, di incontrare la sua misericordia nei Sacramenti. Sentiremo la sua
tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di
misericordia, di pazienza, di perdono, di amore.
Qualcosa si è mosso dentro di me..era il 2 agosto dello scorso anno...il giorno del Perdono d'Assisi, il mio stato d'animo aveva toccato il fondo, non ascoltavo nessuno, dritta per la mia strada mi ripetevo che da sola ce la potevo fare..invece mi ritrovo in Chiesa davanti al piccolo altare di S.Francesco e poi nel confessionale...tante lacrime e poche parole...i giorni, le settimane, i mesi passano e io sento che il Suo abbraccio è sempre più forte..più grande...non posso e non voglio più fare a meno di Lui,Gesù.Barbara
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