Nella seconda lettera ai Corinzi, san Paolo utilizza un’espressione particolarissima. Dice: «Veniamo trasformati in quella medesima immagine» (2Co 3,18). Nella lettera ai Colossesi, invece, parla di “rivestirsi dell’uomo nuovo” che «si rinnova,
per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore» (Col 3,10). Le
due espressioni utilizzate “veniamo trasformati / si rinnova” portano
impresso in sé il movimento verso Dio o meglio la dinamicità della vita
con Dio.
Veniamo trasformati
Il primo verbo “veniamo trasformati” in greco è
μεταμορφούμεθα ... significa
che l’operazione di cambiamento che lo Spirito Santo opera in noi per
essere a immagine di Dio è in realtà una trasfigurazione dell’immagine
che già è in noi. Cristo, infatti, quando si è trasfigurato sul Tabor
non ha invocato una potenza divina esterna a lui affinché apparisse in
quella forma pervasa di luce divina. Egli ha semplicemente rivelato la
sua natura divina, quella natura che, come cantiamo nella Divina
Liturgia, «non lo abbandonò per un istante né per un batter di ciglio».
La trasfigurazione è dunque un manifestarsi nel corpo della divinità di
Cristo affinché egli apparisse come il Dio nato dal Padre prima di tutti
i secoli, come il Dio vero, agli occhi aperti degli uomini.
Anche l’uomo porta dentro di sé l’immagine divina, ma quell’immagine
gli è tanto più velata quanto più si allontana dalla Legge divina
dell’amore. Ma non appena l’uomo ritorna in sé e inizia a raccogliere le
sue forze per pentirsi e ad abbandonare le sue vie deviate, lo Spirito
Santo inizia ad abbattere tutti gli ostacoli e le barriere che
impediscono a questa lampada luminosa presente nel cuore di rischiarare.
La luce inizia, allora, a irradiarsi dall’interno dell’uomo e appare
agli altri come se la persona fosse cambiata. In verità, a verificarsi è
il compimento dell’uomo mediante il ritorno al suo stato primordiale.
L’uomo, cioè, ritorna alla sua umanità dopo la correzione che lo Spirito
ha compiuto sulla sua deviazione (cambiamento negativo).
Una “mutazione genetica”
Questa situazione si potrebbe paragonare a una deformazione che
colpisce l’uomo in seguito a una mutazione genetica. Questa
deformazione, trasmessa ai figli e ai nipoti, piano piano è parsa, agli
occhi di tutti, come fosse l’aspetto originario. Eppure, un bravo medico
è riuscito a scoprire un rimedio per ripristinare il DNA al suo stato
precedente alla mutazione. Il risultato è stato che la discendenza ha
riacquisito la bellezza originaria. Tutti hanno gioito di questo rimedio
in quanto cambiamento in positivo nella vita della discendenza, senza
che nessuno si sia reso conto che ciò che è accaduto è semplicemente la
rimozione dell’errore genetico di modo che il DNA ritornasse al suo
stato originario. Questo è esattamente quello che è successo alla natura
umana: essa si è deformata con la Caduta e si è abituata a questa
mutazione genetica (il suo essere incline alla terra e ciò che le è
legato) tanto da considerarla come il suo stato originale. Ma con la sua
incarnazione il Verbo, prototipo dell’uomo, ha restituito alla natura
la sua bellezza perduta (la meravigliosa icona di Dio nascosta in essa) e
l’opera dello Spirito è divenuta quella di dirigere lo sguardo
dell’uomo verso il suo prototipo nascosto dentro di lui e deviarlo dalla
sua attuale falsa forma.
Si rinnova
L’altra parola è “si rinnova”, in greco ἀνακαινούμενον dal verbo
ἀνακαινόω. Secondo il dizionario Friberg il verbo significa rinnovare o
ripristinare; quest’ultimo significato ci offre una lettura più
profonda. Il nostro rinnovamento non è che un “ripristino” della nostra
condizione primordiale. L’icona divina che è in noi ha bisogno di essere
ripristinata al suo stato, posizione e dignità originari. Sant’Agostino
ritiene che è lo Spirito della Grazia a operare al «ripristino in noi
dell’immagine di Dio alla cui somiglianza noi fummo creati».
monaco Serafino al-Baramusi
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