XXIII DOMENICA T.O.
Questo brano evangelico è decisamente
imbarazzante, perché porta con sé e spinge a
una radicalità alla quale non siamo più abituati.
Ciò che chiede Gesù
appare esagerato, soprattutto per noi,
figli di un’epoca affamata di verità e libertà, che solo in Dio può placarsi,
ma poco disposti a impegno e costanza.
Le nostre energie sono consumate dal
lavoro e dalla frenesia di tante attività, per cui a Dio spesso riserviamo gli
avanzi.
Guardate all’estate, stagione in cui, grazie
alle vacanze è maggiore il tempo a disposizione; mediamente è minore la cura
dedicata allo spirito e al Signore.
“Molta
gente andava con lui” (Lc 14, 25), è normale: era un taumaturgo, sapeva
parlare con chiarezza e semplicità, mostrava una grande libertà da qualsiasi
condizionamento ed era uno affascinante; oggi diremmo di lui che era uno
carismatico.
Gesù però, invece di lasciarsi incantare dai grandi numeri, ha
posto delle condizioni per i discepoli di allora e del futuro desiderosi di seguirlo:
“Se
uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli,
le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc
14,26). Purtroppo potremmo dire che questo è uno dei passi del Vangelo
maggiormente osservati alla lettera: quanti rapporti tesi ci sono all’interno
delle famiglie. Ovviamente le parole del Signore non vanno prese per il significato
apparente ( desiderare il male di
qualcuno).
Nel capitolo 18 di Lc in risposta a colui
che chiedeva a Gesù cosa fare per
ereditare la vita eterna, troviamo: “Non
commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il falso, onora il
padre e la madre” (Lc 18,20). L’odio sta esattamente agli antipodi di Gesù.
Il vero significato lo comprendiamo se
diamo un’occhiata alle parole di Mt: “Chi
ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la
figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10,37).
Gesù chiede “semplicemente” un primato,
anche rispetto agli affetti più cari.
La cosa strana è che, più il Signore
riceve spazio, più diventa il criterio discriminante nelle scelte e più i
rapporti con i familiari diventano positivi e costruttivi.
Questo apparente, amarli di meno, si
traduce invece in un amarli diversamente e di più. Chi da’ il primato al
Signore infatti, quantomeno si sforza di perdonare, di rispettare, desidera il
bene dell’altro, ha pazienza …
“Chi
non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio
discepolo” (Lc 14, 27). Ci si può fermare a maledire le fatiche che la vita
presenta; ci si può fermare a maledire Dio, considerandolo responsabile - “Dio mi consegna come preda all’empio, e mi
getta nelle mani dei malvagi, Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato, mi
ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio.
I suoi arceri mi circondano; mi trafigge i fianchi senza pietà, … mi apre
ferita su ferita, mi si avventa contro come un guerriero” (Gb 16,11-14); “Pietà
di me, pietà di me, almeno voi miei amici, perché la mano di Dio mi ha
percosso! Perché vi accanite contro di me, come Dio, e non siete sazi della mia
carne?” (Gb 19,20s) - : in entrambi i casi si perde di vista l’unica
possibile soluzione, continuare a camminare dietro al Signore della vita. Egli è l’unica via, verità e vita.
Le due parabolette inserite in questo testo dicono a loro modo
quello che Gesù ha appena cercato di fare capire: siete sicuri di volermi
seguire? Il prezzo non è forse troppo alto rispetto a quello che siete disposti
a pagare?
Il cristiano superficiale rischia di
fallire, così come chi non valuta se ha i mezzi sufficienti per costruire una
torre o per sconfiggere diecimila soldati.
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