XXVIII
DOMENICA T.O.
Ancora una volta
qualcuno chiede “pietà” a Dio. Oggi sono dei lebbrosi.
Quando nella Sacra
Scrittura si parla di lebbra, s’intendono tutte quelle malattie che si
evidenziano sulla pelle, che divengono una sorta di marchio visibile, non solo
della malattia stessa, ma anche della vergogna a essa connessa. Per gli antichi
padri infatti, la lebbra era un castigo divino, una punizione per i peccati
commessi.[1] Per
questo la condizione del “lebbroso” era drammatica, perché era considerato un
maledetto da Dio.
Alla sofferenza per la malattia, il
lebbroso univa anche il dolore e la vergogna per la colpevolizzazione, perché
la lebbra lo dichiara pubblicamente peccatore e colpito da Dio. Questo è lo
sguardo che gli altri portano su di lui, e che lui stesso arriva ad assumere su
di sé.
Proprio per questo è molto bello, che
questa gente emarginata, senta di potersi rivolgere a Gesù. E’ vero, che stanno
tutti a distanza, come prevedeva la Legge, ma evidentemente sanno, che Lui non
li allontanerà con indifferenza.
Non dimentichiamolo mai: non siamo e non
saremo mai indegni di accostarci al Signore Gesù. Deve sempre risuonarci nel
cuore la Sua parola: “Io non voglio la
morte del peccatore, ma che si converta e viva”; “Non sono venuto per i sani, ma per i malati”. Dio non emargina, ma
va in cerca.
Detto questo, ci stupisce l’irriconoscenza
di quegli uomini. Eppure questa scena non è che uno specchio, che riflette la
situazione della Chiesa di tutti i tempi, quindi anche i nostri.
Dio offre gratuitamente la salvezza a
tutti, non discrimina nessuno, ma è indispensabile l’accoglienza libera di
questo dono.
Pensate solamente alla situazione
italiana: quasi il 90% della nostra gente è battezzata, ma i praticanti non
vanno oltre il 20%.
Non illudiamoci però: essere nel 20%, non
significa necessariamente essere di Cristo; essere dei salvati. Su questo Gesù
è chiaro: “Non chiunque mi dice:
“Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del
Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore,
non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse
scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma
allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi
che operate l’iniquità!” (Mt 7,21ss). Dice Gesù: “Non vi ho mai conosciuti”, perché non mi avete permesso di entrare
in voi, di venire ad abitare nell’intimo della vostra casa, ma mi avete tenuto
sulla soglia, come un ospite di passagio.
Quei dieci sono tutti guariti, ma solo uno
è risanato. Questo significa che, solamente uno si è lasciato realmente e
profondamente trasformare da Gesù. Solo uno ha lasciato che l’azione di Dio, facesse
di lui una creatura nuova. Agli altri la guarigione non apporta nulla di nuovo,
perché sono tornati a essere quello che erano già stati; il loro incontro con
Gesù è stato semplicemente un episodio superficiale e passeggero. Hanno
ricevuto la guarigione esterna, ma internamente sono rimasti legati ai vecchi
ideali.
Cosa significa esser nuove creature;
persone risanate?
L’accademico di Francia André Frossard
raccontando la sua rinascita, scrive: “Entrato
alle 5,10 in una cappella del quartiere latino di Parigi, per cercarvi un
amico, ne sono uscito alle 5 e un quarto
in compagnia di un’amicizia che non era di questa terra. Entratovi scettico e ateo... …, indifferente e preoccupato di ben altre cose
che di un Dio che non pensavo neppure più a
negare... Il mio sguardo passa
dall’ombra alla luce... dai fedeli, alle
religiose, all’altare... Si ferma sulla
seconda candela che brucia a sinistra della Croce. E allora d’improvviso si
scatena la serie di prodigi la cui
inesorabile violenza smantellerà in un
istante l’essere assurdo che sono, per
far nascere il ragazzo stupefatto che non sono mai stato ... poi una grande luce, ... un mondo,
un altro mondo d’uno splendore e di una
densità che rimandano di colpo ...
l’evidenza di Dio... del quale sento tutta la dolcezza ... una dolcezza
attiva, sconvolgente, al di là di ogni
violenza, capace di infrangere la pietra più dura e, più duro della pietra,
il cuore umano. La sua irruzione
straripante, totale, s’accompagna con
una gioia che è l’esultanza del salvato,
la gioia del naufrago raccolto in tempo. … Amore, per parlare di te sarà troppo
corta l’eternità” (Dio esiste, io
l’ho incontrato, SEI).
.
[1]
Maria, sorella di Mosè, divenne lebbrosa a seguito del suo peccato di
mormorazione (Nm 12,1-10); Davide invoca la lebbra sulla casa di Joab come
castigo per l'omicidio che questi ha commesso (2Sam 3,29); in Dt 28,25-27 la
lebbra è elencata fra le maledizioni rivolte al popolo di Dio se non obbedisce
alla sua voce.
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