L'ideatore della leggendaria mitraglietta ha scritto una lettera di
pentimento al Patriarca, in cui lamenta la propria sofferenza morale per
il fatto che la sua invenzione ha privato della vita molte persone
La coscienza inquieta di Mikhail Kalashnikov. Per ciò che è stato
fatto in tutto il mondo per mezzo della sua mitragliatrice? Questa
domanda è stata spesso argomento di accanite discussioni, lungo tutta la
vita del leggendario ingegnere. Dopo la sua scomparsa si è scoperto che
circa sei mesi prima di morire egli aveva indirizzato al Patriarca Kirill una lettera di pentimento.
"Il dolore del mio animo è insopportabile"
Il documento, datato 7 aprile, consta di due pagine dattiloscritte ed
è firmato dall'ingegnere di proprio pugno. In esso, Kalashnikov confida
al capo della Chiesa Ortodossa Russa i propri turbamenti interiori e i
propri dubbi sulla responsabilità per la morte delle persone uccise con
la mitragliatrice da lui inventata. "Il
dolore del mio animo è insopportabile, è sempre lo stesso dubbio che non
riesco a risolvere: se la mia mitragliatrice ha tolto la vita a delle
persone, significa che io, Mikhail Kalashnikov, di novantatre anni,
figlio di una contadina, cristiano di fede ortodossa, sono colpevole
della morte di queste persone, fossero pure dei nemici?", domanda
Kalashnikov al Patriarca.
Va notato il fatto che Kalashnikov nella sua lettera chiama la sua mitragliatrice AK-47 l'"arma portentosa" e "i nostri principali avversari, gli americani" li definisce "amici". "Siamo
sempre stati al passo coi tempi, e in qualcosa abbiamo superato i
nostri principali avversari, gli americani; eppure, sul piano umano
eravamo amici, anche se servivamo sistemi sociali diversi, a quell'epoca
inconciliabili tra loro", scrive l'inventore. E nella sua lettera, Kalashnikov esprime anche le proprie idee sui destini della Russia e dell'umanità. "Aumenta,
è vero, il numero delle chiese e dei monasteri nella nostra terra,
eppure il male non diminuisce! Il bene e il male esistono, convivono
fianco a fianco, sono in lotta tra loro e, cosa più terribile di tutte,
si riconciliano nell'animo delle persone: ecco a quale conclusione sono
giunto, ormai prossimo alla fine della mia esistenza terrena. È una
sorta di perpetuum mobile, come quello che io desideravo tanto inventare
negli anni della mia gioventù. Luce e tenebra, bene e male, sono dunque
i due estremi di un tutto unico, incapaci di esistere l'uno senza
dell'altro? Possibile che l'Altissimo abbia disposto che fosse così? E
che l'uomo debba eternamente trascinare la sua misera esistenza in
questa lotta?", si domanda l'ingegnere.
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