II DOMENICA dopo NATALE
“In
principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … e il
Verbo si fece carne” (Gv 1,1;14). Giovanni non dice che il Verbo divenne
uomo, ma “si fece carne”; il
significato è sostanzialmente lo steso, ma il termine carne – sarx, indicando proprio la sostanza molle del corpo
vivente, che copre le ossa ed è irrorata dal sangue, mostra in maniera più
chiara, che Dio è divenuto uno di noi – niente lo differenzia da noi, se non il
peccato -.
Perché, Cristo Gesù
“pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere
come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando
simile agli uomini?” (Fil 2,6s). Perché prendere questa nostra natura, che
porta con sé bellezza, lo sappiamo, ma anche tanta fatica?
Scrive sant’Atanasio: “Come un bravo maestro che ha cura dei suoi
discepoli, istruisce quelli che non possono ricavare profitto da lezioni più
difficili abbassandosi fino al loro livello con spiegazioni più semplici” (Sant’Atanasio,
L’incarnazione del Verbo,
15). Ricordate anche le parole di Gesù sulla pecora smarrita? «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde
una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle
spalle, va a casa” (Lc 15,4ss). In mille modi diversi Dio poteva riportarci
a casa; sarebbe bastato inviare un esercito di angeli - magari i nostri angeli
custodi, che ci conoscono così bene e sanno trattare con noi -, invece ha
scelto di raggiungerci personalmente. Dio continua a cercarci, instancabilmente
e niente è troppo per Lui, pur di salvarci. Per questo faccio miei le parole
del Salmo: “Mi sono perso come pecora
smarrita; cerca il tuo servo” (119,176).
Di Dio incarnato si parla più volte
definendolo luce, che “splende nelle tenebre; luce vera”. Lo
stesso evangelista afferma: “Dio è luce e
in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e
camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità”
(1Gv 1,6). Tenebre e luce sono incompatibili.
Proviamo a immaginare di entrare in una
stanza buia, di notte; non riusciremmo a distinguere nulla; anche quando gli
occhi cominciassero ad abituarsi, potremmo solo riconoscere i contorni delle
cose, ma niente di più. Non vedremmo i colori, non riconosceremmo gli oggetti
più piccoli e nascosti, non potremmo sapere se c’è pulito o meno; non vedremmo
eventuali ostacoli. Così è la vita dell’uomo senza la luce: impossibilità di
conoscere fino in fondo se stesso e la realtà che lo circonda.
Dio-Luce è colui che ci permette di
vedere, non solo di guardare la realtà. La fede non ci rende ciechi, bensì
capaci di vedere ciò che nessun altro vede. Lo dice chiaramente san Paolo: “Quelle
cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di
uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello
Spirito” (1Cor 2,9s).
C’è però chi ama la tenebra, per questo
Giovanni di dice che “le tenebre non
l’hanno vinta”. Il verbo greco katelaben,
significa conquistare, vincere, ma
anche riceve, accogliere. C’è
indiscutibilmente una parte del mondo che non vuole la luce, ma è impossibile
che la tenebra vinca. Le tenebre non possono inghiottire la luce, ma purtroppo
la combattono instancabilmente.
Conducimi tu, luce gentile,
conducimi nel buio che mi stringe,
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.
Tu guida i miei passi, luce gentile,
non chiedo di vedere assai lontano
mi basta un passo, solo il primo passo,
conducimi avanti, luce gentile.
Non sempre fu così, te non pregai
perché tu mi guidassi e conducessi,
da me la mia strada io volli vedere,
adesso tu mi guidi, luce gentile.
Io volli certezze, dimentica quei giorni,
purché l’amore tuo non mi abbandoni,
finché la notte passi tu mi guiderai
sicuramente a te, luce gentile (Beato Cardinal Newman).
conducimi nel buio che mi stringe,
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.
Tu guida i miei passi, luce gentile,
non chiedo di vedere assai lontano
mi basta un passo, solo il primo passo,
conducimi avanti, luce gentile.
Non sempre fu così, te non pregai
perché tu mi guidassi e conducessi,
da me la mia strada io volli vedere,
adesso tu mi guidi, luce gentile.
Io volli certezze, dimentica quei giorni,
purché l’amore tuo non mi abbandoni,
finché la notte passi tu mi guiderai
sicuramente a te, luce gentile (Beato Cardinal Newman).
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