Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 8 marzo 2014

Dio non è bugiardo



I DOMENICA QUARESIMA

     “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6s). Gesù, vero uomo, oltre che vero Dio, è sottostato per tutta  la sua esistenza terrena alla tentazione, perché questo è la sorte di ogni essere umano. Quei quaranta giorni sono, in qualche modo, la sintesi della sua vita.

     L’esistenza umana è un percorso verso la libertà e la tentazione non è che un subdolo appello alla schiavitù. Dio ci chiama alla conversione, via di liberazione, la tentazione è invece una chiamata all’avversione a Dio e, quindi alla schiavitù.
     Per realizzare il suo progetto Satana usa l’astuzia; non ci attacca frontalmente, ma ci circuisce con delicatezza; si camuffa dietro parole dolci, che nascondo veleno. Egli è letteralmente il lupo travestito da agnello. Non può far diversamente, perché sa che noi siamo usciti radicalmente buoni dalle mani del Creatore e che, se ci mostrasse il suo vero volto e le sue intenzioni, fuggiremmo da lui a gambe levate.
     Per ingannarci, sa che non tutti i momenti sono buoni; attende il tempo della debolezza e della fragilità: “Gesù … dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò …”  (Mt 4,3); per quanto riguarda la donna, in Eden, aspetta che sia sola, che non ci sia nessuno con il quale possa dialogare e mettersi a confronto – vuole andare sul sicuro. Proviamo a pensare ai momenti in cui più facilmente cadiamo nel peccato: quando siamo stanchi, delusi, stressati, ammalati, feriti, impauriti ecc …
     Ecco, per esempio, perché il maligno ci vuole convincere che non è necessario confessarsi davanti a un sacerdote, ma basta fare da soli, parlando con Dio. Scrive Bonhoeffer: “il peccato esige che l’uomo sia solo. Lo sottrae alla comunione. Quanto più è solo, tanto più distruttivo è il dominio del peccato, tanto più disperata la solitudine. Il peccato vuole rimanere sconosciuto. Ha orrore della luce. Nell’oscurità dell’inespresso il peccato avvelena tutto l’essere dell’uomo. … Nella confessione … Il peccato è costretto a venire alla luce. … Il peccato reso esplicito nella confessione perde tutto il suo potere. … Nella confessione si apre la strada verso la nuova vita. Quando si odia il peccato, lo si riconosce e si ha la remissione, si ha la rottura con il passato. “Le cose vecchie sono passate”. E dove si è rotto ogni rapporto con peccato, c’è la conversione. La confessione è conversione. “Ecco, tutte le cose sono divenute nuove” (D. Bonhoeffer, La vita comune, Queriniana).
     Gesù ci ha insegnato a pregare e a dire: “Padre nostro … sia fatta la tua volontà”, la tentazione è l’appello a fare esattamente il contrario.
     Perché dovremmo desiderare di fare la volontà di Dio?  Dice Mosè: “Camminate in tutto e per tutto per la via che il Signore, vostro Dio, vi ha prescritto, perché viviate e siate felici” (Dt 5,33) e perché, se mangiamo dell’albero del male e del bene, “certamente dovremo morire”. Non è una punizione minacciata da Dio, ma è una conseguenza rivelata in anticipo. Fuori della volontà di Dio c’è la morte e Dio non vuole la morte
  Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare…” (Gen 2,17). Mangiare una realtà vuol dire assimilarla, farla propria, diventarne padrone. «Divorare un libro», ad esempio, significa leggerlo, conoscerlo. Mangiare dell’albero della conoscenza equivale a dire: essere padrone di decidere autonomamente il bene e il male.
     L’uomo e la donna creati da Dio; posti da Lui in Eden, affinché lo custodiscano e lo coltivino, vogliono diventarne padroni. L’uomo e la donna non hanno fatto altre che scacciare Dio, nella convinzione che, così, finalmente troveranno libertà e pienezza. Non è che una drammatica illusione.  

     Con sant’Ambrogio imploriamo:







Vieni dunque, Signore Gesù, cerca il tuo servo,
cerca la tua pecora stanca.
Vieni, pastore,
cerca, come Giuseppe cercava le pecore.
Ha errato la tua pecora,
mentre tu indugi, mentre ti aggiri sui monti.
Lascia andare le tue novantanove pecore
e vieni a cercare la sola pecora che ha errato.
Vieni senza cani ….
Già da tempo aspetto la tua venuta.
Infatti so che verrai,
«poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti».
Vieni non «con la verga,
ma con carità e in spirito di mansuetudine».
Cercami, poiché io ti cerco,
cercami, trovami, prendimi, portami.
Vieni, Signore, perché tu solo sei in grado
di far tornare indietro la pecora errante
e non rattristerai quelli da cui ti sei allontanato.
E anche loro si rallegreranno del ritorno del peccatore.
Vieni ad attuare la salvezza sulla terra, la gioia nel cielo.
Vieni, dunque, e cerca la tua pecora
non per mezzo dei servitori,
non per mezzo dei mercenari,
ma tu in persona.
Accoglimi nella carne che è caduta in Adamo.



 







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