Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

mercoledì 8 ottobre 2014

Mi piace, chi parla così

Cari Padri sinodali 
di Costanza Miriano

Cari Padri sinodali,
sono una figlia della Chiesa e già vi dico che qualunque cosa farete per me sarà fatta bene, per principio. Sono anche una mamma, di quattro figli che stanno crescendo in un mondo entusiasmante – perché vivo e alla ricerca di Dio –, ma sempre più lontano dalla visione cristiana dell’uomo e della storia.

Per questo, cari Padri, pensando ai figli miei e a tutti gli altri che crescono in questo tempo, vengo in ginocchio a dirvi che noi, mio marito, io, e tutti quelli che hanno a che fare con questa materia prima grezza e preziosissima che è la vita umana nei suoi primi anni, abbiamo disperato e urgente bisogno di voi. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a dire ai nostri figli che la via proposta da Cristo, quello che noi e tanti altri genitori cristiani cerchiamo di vivere – a fatica, con tante contraddizioni, con la povertà e il limite, ma ci proviamo –, è una cosa buona, e non è un parto della nostra fantasia ma viene da una tradizione di duemila anni, e che, anche se a volte richiede eroismo, è possibile, e il fatto che sia faticoso non è segno che abbiamo sbagliato, perché la croce abbracciata per amore è la via del cristiano alla felicità.
Abbiamo bisogno che voi, soprattutto voi, ci aiutiate a non seguire il “mondo senza padri” consegnatoci dallo scorso secolo, mentre  i “saldi” che quella visione propone sono già finiti, mentre i suoi fallimenti sono sotto gli occhi di tutti.Oggi che i “prezzi” del vivere sociale si abbassano ancora di più, aiutate noi e i nostri figli ad alzare lo sguardo, a desiderare di più, a desiderare, appunto, a guardare in alto, fino alle stelle. Abbiamo bisogno di parole che parlino al nostro tempo e abbiamo bisogno che rimanga salda, ancor più che nei secoli precedenti, la roccia sulla quale abbiamo fondato tutto, una roccia di gioia e di sangue: la gioia del Vangelo di Gesù,  il sangue dei veri martiri e dei piccoli martirii quotidiani per essere fedeli nelle nostre vite così comuni e ordinarie. Ne abbiamo bisogno oggi, ancora più che in passato, quando la morale cristiana in qualche modo coincideva, o almeno non collideva, con quella borghese.
 Proprio perché molti  non ce la fanno più a vivere nel modo esigente proposto dal Vangelo (), abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica che invece non solo è possibile, ma è bello e conviene. Abbiamo bisogno di una compagnia di amici che ci sostengano e ci correggano fraternamente e che non ci lascino soli, e questa compagnia è la Chiesa. Abbiamo bisogno di padri che quando noi o i nostri figli andiamo in giro a dilapidare l’eredità, e finiamo a dormire con i porci,non ci assecondino ma ci aspettino. La Chiesa è il posto dove tornare quando si capisce che lì si sta meglio. I nostri figli, e noi con loro, hanno bisogno di padri che vengano incontro e festeggino quando torniamo. A tutti fa bene sapere che c’è almeno un posto dove tornare. Che la casa ha le porte sono aperte.
Abbiamo bisogno di padri che corrano il rischio educativo, cioè il rischio che davanti a una proposta ardua qualcuno, in libertà, se ne vada. Perché di fronte alla libertà dei suoi figli Dio stesso si ferma, figuriamoci se non può farlo la Chiesa che pure è chiamata a essere in cammino, sempre, dietro al suo Signore. Abbiamo bisogno di qualcuno che dica. “Il tuo bene è questo, questa è la via della felicità, ma se tu vuoi prenderne un’altra sei libero”. Dio stesso, Dio-Amore, ha più cara la nostra libertà che la nostra salvezza. Per questo noi genitori abbiamo bisogno di uomini e donne pienamente realizzati da far incontrare ai nostri figli, perché quando crescono cercano fuori conferme di quello che hanno sentito in casa. E questi uomini e donne noi li abbiamo incontrati nella comunità cristiana, la nostra Chiesa che certo non è perfetta, ma che ha dei figli veramente santi. Per questo noi genitori, con il cuore pieno di riconoscenza per il tempo che dedicate ai nostri figli – all’ascolto, all’apostolato, ma anche semplicemente alla vera amicizia fatta di carne e risate e sogni –, vi chiediamo di continuare a essere quello che siete, anzi di esserlo sempre di più, di lavorare sempre di più sulla vostra santità, per avere il coraggio di essere misericordiosi ed esigenti con noi e con i nostri ragazzi. E noi, adesso che vi chiudete dietro le spalle le porte del Sinodo straordinario convocato da papa Francesco, preghiamo per voi.

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