Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 27 dicembre 2014

Giuseppe, Maria e Gesù



SANTA FAMIGLIA

     Il beato Paolo VI, ha affermato che, “il mondo segue più volentieri i testimoni che i maestri e, se segue i maestri è, perché sono testimoni”.
Sappiamo bene quanto sono vere queste parole, tanto più in un tempo come il nostro che, vive la crisi dell’autorità. In un passato non lontano, ascoltare e obbedire a chi aveva autorità era la norma, ora non è più per niente scontato, un po’ in tutti i contesti della nostra esistenza: ecclesiali, scolastici, lavorativi, della politica ecc …; ma mi interessa sottolineare, visto la festa che celebriamo oggi, anche all’interno della famiglia.
     Le parole di papa Paolo VI, sono tanto più vere e importanti proprio nella famiglia, in quella comunione voluta da Dio, fondata sull’amore di un uomo e una donna, capace di generare vita, perché essa è il luogo fondamentale dove si struttura l’essere umano. Scrive la psicanalista Ternyck in un suo saggio: “Quelle persone erano esemplari di uno strano genere, mal piantate sulle loro basi, oscillanti, tormentate. La cosa doveva avere a che fare con la loro storia passata … Del resto si conduce la propria vita a seconda di come ci si è ancorati in partenza. Ci sono voluti anni perché mi arrendessi all’evidenza. Il suolo umano si era impoverito, era diventato anemico, friabile, inconsistente. Mancava sotto i piedi. Il suolo umano stava perdendo il suo humus. Virava alla sabbia”.[1]  L’uomo di sabbia, come lo definisce, è un essere fragilissimo.
     In famiglia si impara a vivere, non tanto a partire da ciò che si sente dire, ma da quanto si vede fare. Ricordo una mamma che, mi diceva sconsolata, del figlio che le mancava di rispetto; il marito lo sgridava aspramente, ma in realtà aveva imparato proprio da lui ad agire così. Un figlio impara la lingua con l’inflessione dei genitori, volete che non impari a pensare e ad agire da loro? Sant’Antonio ci direbbe: “tacciano le parole, parlino le opere”.
     Dio stesso, incarnandosi, ha scelto di sottoporsi all’educazione dei suoi genitori; da loro ha imparato la lingua, un lavoro, ma possiamo certamente dire, anche a pensare e agire e a servire il Signore. Quante volte Gesù avrà visto sua madre pregare, perdonare, aiutare le persone, senza fare distinzioni; e quando Gesù ha salvato  l’adultera dalla lapidazione, chissà che questo non sia stato dovuto anche al racconto di Giuseppe, di quando aveva deciso di “licenziare in segreto” Maria, in cinta non di lui. L’uomo Gesù, certamente deve molto ai suoi genitori,   a  Maria  la donna del “sia fatta la tua volontà” e Giuseppe, l’uomo giusto.
    Gesù ha respirato in casa la fede dei suoi. Oggi ci viene detto che il piccolo è stato accompagnato al tempio “secondo la legge di Mosè”;  Giuseppe e Maria hanno vissuto realmente nella fedeltà a Dio, che amavano. La loro esistenza ha educato Gesù.    
     Quante mamme ho visto piangere a causa dei figli; delle loro scelte sbagliate, della mancanza di fede. Queste mamme piangono anche, perché convinte di non avere fatto abbastanza, di non avere insegnato bene. In realtà educare, è una proposta di vita, non un’imposizione. Noi tutti rimaniamo liberi di fare nostri gli esempi che vediamo, oppure rifiutarli. A volte è solo questione di tempo, il seme buono messo nella terra, germoglia dopo anni di apparente morte; altre volte invece, rimane inattivo per sempre. Purtroppo non si può essere garantiti nel risultato. Questo ci deve spingere a una coerenza ancora maggiore, per ridurre al massimo il rischio.
     Padre santo, aiutaci a essere testimoni, più che maestri: donaci la fede di Abramo che,  sulla tua parola, partì senza sapere dove andava, perché si fidava di Te; il desiderio del vecchio Simeone che ha passato la vita ad attendere  tuo Figlio, il Salvatore; la fede di Anna che non abbandonava mai il tempio, dove pregava e digiunava. Aiutaci a essere padri e madri biologici e non solo, come Giuseppe e Maria, capaci di lasciare il segno nei nostri figli, con la nostra esistenza.
    


[1] C. Ternick, L’uomo di sabbia,  V&P 9

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