II DOM. AVV.
“La parola di Dio venne su
Giovanni …, nel deserto. Egli percorse tutta la regione” (Lc 3,2b-3°). Erèmo è il sostantivo che in greco traduce “deserto”. Eremo ci dice
solitudine, silenzio. Attenzione però, l’eremita, in tutta la storia cristiana,
non è mai un fuggiasco, che considera negativamente l’umanità, dalla quale
intende separarsi, ma chi vuol fare sul serio; egli vuole ascoltare e
per questo fa silenzio.
Vi sarà capitato di andare in pizzeria; oramai quasi sempre vi troviamo
la musica ad alto volume e la gente è costretta quasi a gridare, così che è
quasi impossibile intendersi con chi s’ha davanti. Questa è un po’ la metafora
del nostro mondo, dove il silenzio non è più di casa e dove sembra quasi che
abbiamo paura del silenzio.
Invece per Giovanni il deserto è il luogo dove è possibile ascoltare una
parola che lo mette in movimento, lo spinge fuori dalla solitudine e lo porta
dal suo popolo. “Non perché si tace
esite il silenzio. In tal caso il silenzio somiglierebbe molto al mutismo, che
non è mai stato altro che un’infermità … fare silenzio è ascoltare Dio; è
sopprimere tutto ciò che c’impedisce d’ascoltare o intendere Dio”(M. Delbrel,
La gioia di credere, Gribaudi 110).
La Parola quando è davvero ascoltata, opera un inevitabile cambiamento;
conduce fuori dai propri progetti, punti di vista, dalle proprie logiche. La
Parola di Dio è creatrice di novità, che stupisce soprattutto chi ne è
raggiunto.
La Parola ha solo bisogno di trovare un varco, per penetrare nel terreno
buono che c’è in ognuno di noi, per produrre frutto abbondante. Giovanni
Battista era andato nel deserto per vivere in penitenza, ma Dio gli ha chiesto
altro e lui ha accettato.
Tu sai cercare il silenzio, per ascoltare la Parola, affinché possa
farti nuovo?
Scrive Madeleine Delbrel: “Si guadagno i deserti, non si regalano. … I
deserti … non li strapperemo al segreto
delle nostre ore umane se non faremo violenza alle nostre abitudini, alle nostre pigrizie. …
Bisogna imparare a essere soli ogni volta che la vita ci riserva una pausa. E
la vita è piena di pause, che noi possiamo scoprire o sprecare” (La gioia di credere, Grbaudi 49).
Cosa annuncia il Battista? “Un
battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Lc 3,3). Qui non c’è
ancora il Battesimo sacramentale, ma un rito simile a un’abluzione
purificatrice, simbolica, incapace di realizzare un vero perdono. Quel che ci
importa non è il rito, ma ciò che significa: un segno esteriore che manifesta
un profondo desiderio di conversione.
Sempre più spesso cerchiamo perdono senza pentimento, senza impegno a
cambiare vita; anzi andiamo a cercare coloro che, in qualche modo, camuffati sotto
il manto della misericordia, ci autorizzino a continuare a fare e a dire ciò
che stiamo facendo. Giovanni invece ci dice che il pentimento, è la via al
perdono.
Cos’è il pentimento?
E’ una specie di choc che
risveglia da quella anestesia morale che pratichiamo su noi stessi
per non vedere la nostra reale condizione; è uno splendido, anche se doloroso,
momento di verità. Il pentimento è dolore per quanto compiuto e porta sempre a
scelte concrete di cambiamento. Dove c’è auto-giustificazione, accusa degli
altri, ricerca di attenuanti, normalmente non c’è vero pentimento.
Giovanni ci chiama a spianare la strada al
Signore che viene oggi; a riempire i burroni, abbassare i colli e a raddrizzare
le vie. Sono tutte metafore che indicano tutto ciò che in noi ostacola la
venuta di Dio nella nostra vita.
Per riuscire in questo, dobbiamo avere
posto, almeno una volta, anche solo per un istante, il nostro sguardo sulla bellezza
di Dio. Allora non sarà questione di volontà o di impegno, ma di un’esigenza
insopprimibile. Ancora una volta Delbrel esprime chiaramente ciò che sento: “Uomini che hanno sentito tale chiamata, non
hanno più scelta. Dio abbraccia tutto il loro orizzonte. Per il fatto stesso
che esiste, egli è preferito sopra ogni cosa” (Ibid. 32). Diversamente, i
burroni, i colli e le strade storte, rimangono lì dove sono.
Aiutaci Signore a fare di questi nostri
incontri settimanali con Te, luoghi dove puoi mostrarci il Tuo volto; dove s’accende
in noi un affannoso desiderio di Te.
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