PROPOSITI GENEROSI ED ERRONEE SUGGESTIONI
Ripetiamo, fratelli venerati e carissimi: bisogna fare
attenzione.
Questo desiderio d’inserire il sacerdote nel complesso
sociale, in cui si svolge la sua vita e il suo ministero è buono, ma da
proposito generoso di uscire dal guscio d’una condizione cristallizzata e
privilegiata, può tradursi in una suggestione erronea gravissima, la
quale può paralizzare la vocazione sacerdotale in ciò che ha di più
intimo, di più carismatico, di più fecondo; e può demolire di colpo
l’edificio della funzionalità pastorale. Come anche può esporre
Sacerdoti buoni, giovani specialmente, agli influssi delle correnti più
discutibili e più pericolose di mentalità estranee di moda; li può
rendere perciò vulnerabili dall’esterno ed esporli all’accettazione
supina e incontrollata delle idee altrui. Il gregarismo ideologico e
pratico è diventato contagioso. In una seria relazione, ad esempio, sui
fatti del maggio scorso nell’ambiente universitario francese si leggeva:
«On a signalé aussi l’imprégnation de la mentalité maoïste chez certains aumôniers d’étudiants» .
L'AUTORITÀ NELLA CHIESA
Bisogna fare attenzione. Un’altra idea dinamica, anche
questa lodevole in radice, ma spesso intemperante nella sua formulazione
ed esplosiva nella sua problematica applicazione è quella delle così
dette «strutture». Non si sa bene quale significato si attribuisca a
questo termine nel linguaggio ecclesiastico, specialmente quando si
vuole avere qualche dovuto riguardo all’opera di Cristo, alla Chiesa
qual è, nel suo disegno costituzionale, nel suo patrimonio dottrinale,
nella sua elaborazione tradizionale, strumento e sacramento della
salvezza. Ma una formola prevale: bisogna cambiare le strutture. È
possibile questo? è lecito? è utile? Pare a Noi che talvolta il sogno
irreale d’una Chiesa invisibile, o la folle speranza di poter eliminare
le difficoltà e la materialità della Chiesa-istituzione, per conservare
un cristianesimo puro, di vaga e libera concezione, o la temeraria
utopia di far sorgere una Chiesa di propria invenzione non consentano di
riflettere alla superficialità di simile ambizione, specialmente se il
cambiamento delle strutture si propone di cominciare col distruggere,
non col riformare, quelle che esistono, e se l’iniziativa manca
d’autorità e d’esperienza per così grave operazione. Sotto il velo
trasparente d’un astratto nominalismo si auspicano talora novità
eversive, senza tener conto di due cose, che dovrebbero raccomandarci
saggezza e prudenza; la prima, che l’ammodernamento delle strutture,
diciamo meglio, della legislazione ecclesiastica è già in corso; ma per
essere sana e vitale e promossa dalla corresponsabilità di chi sa e di
chi può, esige studio e pazienza, a cui Noi per primi cerchiamo dare
impulso, specialmente con la revisione del Codice di Diritto Canonico;
la seconda, che le strutture, fatte oggetto di contestazione, sono
spesso tutt’altro che contrarie agli effetti che il loro cambiamento
vorrebbe conseguire. Chi conosce la Chiesa al di dentro, lo sa; e pur
lamentando certi difetti innegabili, vede come l’amore, l’obbedienza, la
fiducia, lo zelo possano benissimo rianimare il tronco, come quello
d’un annoso ulivo, delle vecchie strutture per una nuova vegetazione di
genuina vitalità cristiana.
Ma tant’è: si vorrebbero mutare le strutture; e da
molti, così dicendo, si pensa al fastidio dell’autorità nella Chiesa. La
si vuole abolire, e non si può; la si vuole derivare dalla comunità; e
si contravviene ad un carattere costituzionale della Chiesa, che Cristo
ha voluto apostolica; la si vuole servizio, e sta bene, purché il
servizio sia quello dovuto della potestà pastorale; la si vuole
ignorare; ma come resterà autentico un cristianesimo senza magistero,
senza ministero, senza unità e potestà derivante da Cristo? (cfr. Gal. 1, 8-9; 2 Cor. 1, 24; 2 Cor. 10, 5; ecc.; S. IGNAZIO D’A., Ai Magnesii,
c. IV). L’autorità nella Chiesa! per chi ne sperimenta il grave peso, e
non ne ambisce l’onore, non è facile farne l’apologia! basti ora a Noi
l’averne fatto questa modesta difesa.
FEDE, CARITÀ, DISCIPLINA COSTITUISCONO L'UNITÀ
Il Nostro discorso si fa lungo senza che vi abbiamo
parlato di ciò che più ora a Noi preme: ed è il rinnovamento del tessuto
dei rapporti nell’interno della nostra Chiesa. Vorremmo che la Diocesi
di Roma, ancora, primeggiasse nella carità (cfr. S. IGNAZIO D’A., Ad Rom.,
Prologo); ed elogiamo e incoraggiamo quanti di voi operano per dare
consistenza alla nostra comunità romana, per darle afflato d’amicizia,
di bontà, di concordia, di mutua stima e fiducia, di volonterosa
collaborazione. Desideriamo che «non sint in vobis schismata» (1 Cor.
1, 10); vi possono essere disparità di vedute pratiche, diversità di
libere opinioni, varietà di ricerche scientifiche, molteplicità di
iniziative pastorali, novità di istituzioni buone, e così via; ma
insieme e soprattutto deve fra noi regnare l’unità di fede, di carità,
di disciplina. Vogliate avvertire, carissimi, come lo stile del Nostro
governo ecclesiastico voglia essere pastorale, e cioè voglia essere
guidato dal dovere e dalla carità, aperto alla comprensione e
all’indulgenza, esigente nella lealtà e nello zelo, ma paterno e
fraterno e umile nel sentimento e nelle forme. Sotto questo aspetto, se
il Signore Ci aiuta, vorremmo essere amati. Così voi riconosceteci ed
aiutateci. E parimente voi, Sacerdoti anziani o rivestiti di qualche
responsabile ufficio, procurate di comprendere i vostri Confratelli,
quelli che sono tenuti a prestarvi l’opera loro, i Sacerdoti giovani in
modo particolare. E questi, i cari, i nostri Sacerdoti giovani, si
sappiano benvoluti e stimati; e vogliano, sì, usare del dialogo per
stabilire con i loro Superiori relazioni di sincerità e di fiducia,
senza però togliere a chi dirige la responsabilità e la libertà di
deliberare, .e senza privare se stessi del merito dell’obbedienza. È in
uno studio di comune obbedienza che si compie e si celebra fra noi il
mistero redentore dell’obbedienza di Cristo. Diamo vita alle nuove
istituzioni ecclesiali, che il Concilio ha prescritto: il Consiglio
Presbiterale e la Commissione Pastorale; diamo ai problemi diocesani un
interessamento solidale e un’attività rinnovata e generosa; facciamo, in
una parola, della carità, nel suo interiore carisma di grazia e di
amore, e nel suo esteriore esercizio di servizio ad ogni bisogno dei
fratelli e della società, alle necessità dei Poveri specialmente, ai
problemi del ceto operaio e di quello studentesco, alla causa di Cristo,
in una parola, il nostro programma quaresimale, affinché possiamo tutti
celebrare e rivivere con pienezza di fede e di letizia il mistero
pasquale.
A tanto vi conforti la Nostra Apostolica Benedizione.
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