Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 6 marzo 2016

Che dramma senza Gesù



IV DOM. QUARESIMA

     Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano …: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,1s). Qui ci sono dei verbi che dicono una vera e propria rivoluzione: avvicinarsi, accogliere e mangiare.
     Ricordiamo come era strutturato il tempio di Gerusalemme: cortili,
muri e porte selezionavano le persone. Solo uno, il Sommo sacerdote, aveva il diritto di entrare nel luogo più santo del tempio e solo una volta all’anno. Gli stranieri pagani, addirittura, non potevano varcare il primo sbarramento, pena la morte. Non era tutto lì però, certi pubblici peccatori, quando non erano da eliminare fisicamente, diventavano intoccabili: “Qualora si trovi in mezzo a te … un uomo o una donna che faccia ciò che è male agli occhi del Signore, tuo Dio, trasgredendo la sua alleanza, che vada e serva altri dèi, …. Se la cosa è vera, se il fatto sussiste, se un tale abominio è stato commesso in Israele, farai condurre alle porte della tua città quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’azione cattiva e lapiderai quell’uomo o quella donna, così che muoia. La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te. L’uomo che si comporterà con presunzione e non obbedirà al sacerdote che sta là per servire il Signore, tuo Dio, o al giudice, quell’uomo dovrà morire. Così estirperai il male da Israele. Tutto il popolo verrà a saperlo, ne avrà timore e non agirà più con presunzione” (Dt 17,2ss). E’ drammatico pensare che solamente i “puri” possano avvicinarsi a Dio e che per il peccato non ci sia che l’esclusione e la morte. Certo, capiamo il senso di queste norme: non si voleva che il male, come un virus si estendesse a tutto il corpo, facendolo perire; la punizione doveva diventare un deterrente e un esempio per tutti; eppure non possiamo che cantare con il cuore pieno di gioia, perché Gesù ha spazzato via tutto questo. Quelli che dovevano essere tenuti lontani, che meritavano disprezzo, Lui li accoglie e li lascia avvicinare. Curare, salvare, risanare, dare  vita è la logica di Dio. Nessuno può più avere paura di Lui. Prima non restava che nascondersi e fuggire, ora “tornare” è ciò che Dio ci propone.
     Papa Francesco sta un po’ scombussolando tutti proprio perché sembra dare poca attenzione alle 99 pecore nel recinto, per andare in cerca di quell’unica perduta; in realtà non può fare diversamente, perché si sono ribaltati i numeri e le 99 sono fuori, disorientate e sperdute, mentre una è nel recinto. Egli sta cercando di far tornare a casa i dispersi.
     Attenzione però, si può essere lontani dal Signore come il figlio minore, un adolescente arrogante e presuntuoso, incapace di combinare nulla, se non di godersi la vita a spese altrui; convinto che per essere libero debba separarsi da suo padre; ma anche come il figlio maggiore, inacidito da una fedeltà che si è imposta; uno che sta a casa, non per amore, ma come uno schiavo, forse in attesa della morte del padre per poter diventare padrone. Non illudiamoci, il fatto di essere di quelli che dicono “io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando”, non fa automaticamente di noi dei figli. Anzi, mentre del giovane sappiamo che, in un modo o nell’altro ha fatto ritorno, non siamo certi che il figlio maggiore abbia capito il senso dell’agire del padre.
     In ogni caso il padre aspetta entrambi, perché entrambi sono lontani da Lui. Dio mi aspetta, perché finché ho vita, sa che c’è la possibilità che ritorni. La Chiesa è la casa dell’attesa, il luogo dove tutti devono sapere che possono tornare senza recriminazioni. Noi abbiamo per legge divina il diritto di tornare e chi fa da barriera, un giorno ne dovrà rispondere a Dio. Ci scrive papa Francesco: L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole (Misericordiae vultus).
     Per Dio la misericordia non è teorica e astratta, infatti al figlio ritornato fa portare un abito, non tanto il più bello, ma “ten stolèn ten proten” cioè l’abito il primo; il Padre rende al figlio la condizione che aveva prima di buttarla via con il peccato. Gli fa mettere l’anello al dito, indispensabile per sigillare qualsiasi atto – lo rende nuovamente proprietario dei beni ai quali non avrebbe avuto più diritto -. Gli fa portare i sandali, perché solo gli schiavi andavano scalzi, mentre lui è un figlio.
     Quando torniamo, non dobbiamo entrare dalla porta di servizio, quasi che non abbiamo diritto all’ingresso principale; non dobbiamo accontentarci di posti nascosti, riservati alle cose e alle persone di cui ci si vergogna. A Pietro e a Paolo, Gesù ha riservato ruoli fondamentali; alla Maddalena ha affidato il compito di essere la prima testimone della risurrezione.  Che dire di più?
    

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