IV DOM. QUARESIMA
“Si avvicinavano a lui tutti i
pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano …:
“Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,1s). Qui ci sono dei
verbi che dicono una vera e propria rivoluzione: avvicinarsi, accogliere e
mangiare.
Ricordiamo come era strutturato il tempio di Gerusalemme: cortili,
muri
e porte selezionavano le persone. Solo uno, il Sommo sacerdote, aveva il diritto
di entrare nel luogo più santo del tempio e solo una volta all’anno. Gli
stranieri pagani, addirittura, non potevano varcare il primo sbarramento, pena
la morte. Non era tutto lì però, certi pubblici peccatori, quando non erano da
eliminare fisicamente, diventavano intoccabili: “Qualora si trovi in mezzo a te … un uomo o una donna che faccia ciò che
è male agli occhi del Signore, tuo Dio, trasgredendo la sua alleanza, che vada
e serva altri dèi, …. Se la cosa è vera, se il fatto sussiste, se un tale abominio
è stato commesso in Israele, farai condurre alle porte della tua città
quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’azione cattiva e lapiderai
quell’uomo o quella donna, così che muoia. … La mano dei
testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di
tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te. … L’uomo
che si comporterà con presunzione e non obbedirà al sacerdote che sta là per
servire il Signore, tuo Dio, o al giudice, quell’uomo dovrà morire. Così
estirperai il male da Israele. Tutto il popolo verrà a saperlo, ne avrà timore
e non agirà più con presunzione” (Dt 17,2ss). E’ drammatico
pensare che solamente i “puri” possano avvicinarsi a Dio e che per il peccato
non ci sia che l’esclusione e la morte. Certo, capiamo il senso di queste
norme: non si voleva che il male, come un virus si estendesse a tutto il corpo,
facendolo perire; la punizione doveva diventare un deterrente e un esempio per
tutti; eppure non possiamo che cantare con il cuore pieno di gioia, perché Gesù
ha spazzato via tutto questo. Quelli che dovevano essere tenuti lontani, che
meritavano disprezzo, Lui li accoglie e li lascia avvicinare. Curare, salvare,
risanare, dare vita è la logica di Dio. Nessuno
può più avere paura di Lui. Prima non restava che nascondersi e fuggire, ora
“tornare” è ciò che Dio ci propone.
Papa Francesco sta un po’ scombussolando tutti proprio perché sembra
dare poca attenzione alle 99 pecore nel recinto, per andare in cerca di
quell’unica perduta; in realtà non può fare diversamente, perché si sono
ribaltati i numeri e le 99 sono fuori, disorientate e sperdute, mentre una è
nel recinto. Egli sta cercando di far tornare a casa i dispersi.
Attenzione però, si può essere lontani dal Signore come il figlio
minore, un adolescente arrogante e presuntuoso, incapace di combinare nulla, se
non di godersi la vita a spese altrui; convinto che per essere libero debba
separarsi da suo padre; ma anche come il figlio maggiore, inacidito da una
fedeltà che si è imposta; uno che sta a casa, non per amore, ma come uno
schiavo, forse in attesa della morte del padre per poter diventare padrone. Non
illudiamoci, il fatto di essere di quelli che dicono “io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando”,
non fa automaticamente di noi dei figli. Anzi, mentre del giovane sappiamo che,
in un modo o nell’altro ha fatto ritorno, non siamo certi che il figlio
maggiore abbia capito il senso dell’agire del padre.
In ogni caso il padre aspetta entrambi, perché
entrambi sono lontani da Lui. Dio mi aspetta, perché finché ho vita, sa che c’è
la possibilità che ritorni. La Chiesa è la casa dell’attesa, il luogo dove
tutti devono sapere che possono tornare senza recriminazioni. Noi abbiamo per
legge divina il diritto di tornare e chi fa da barriera, un giorno ne dovrà
rispondere a Dio. Ci scrive papa Francesco: “L’architrave che sorregge la vita
della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe
essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo
annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di
misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore
misericordioso e compassionevole” (Misericordiae
vultus).
Per Dio la
misericordia non è teorica e astratta, infatti al figlio ritornato fa portare
un abito, non tanto il più bello, ma “ten
stolèn ten proten” cioè l’abito il
primo; il Padre rende al figlio la condizione che aveva prima di buttarla
via con il peccato. Gli fa mettere l’anello al dito, indispensabile per
sigillare qualsiasi atto – lo rende nuovamente proprietario dei beni ai quali
non avrebbe avuto più diritto -. Gli fa portare i sandali, perché solo gli
schiavi andavano scalzi, mentre lui è un figlio.
Quando
torniamo, non dobbiamo entrare dalla porta di servizio, quasi che non abbiamo
diritto all’ingresso principale; non dobbiamo accontentarci di posti nascosti,
riservati alle cose e alle persone di cui ci si vergogna. A Pietro e a Paolo,
Gesù ha riservato ruoli fondamentali; alla Maddalena ha affidato il compito di
essere la prima testimone della risurrezione.
Che dire di più?
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