XXIV DOM. T.O.
Oggi Gesù insiste con noi. Ci ripete più volte e in maniera diversa la
stessa cosa. Evidentemente Gli preme che comprendiamo bene: tu e io siamo
importanti
e lo siamo in maniera tale che, se per qualche ragione ci
perdessimo, non esiterebbe a cercarci instancabilmente lasciando da parte tutto
il resto. Tutto ciò è ben diverso da ciò che a volte pensiamo; dall’idea che, a
causa degli sbagli e dei peccati nei quali incappiamo, diventiamo indegni di
accostarci a Dio. Egli ci dice il contrario: proprio quando diventiamo indegni
Egli fa di tutto per curarci e guarirci. Il peccato allontana noi da Lui, ma
non Lui da noi.
Noi non siamo una massa indistinta; non siamo un numero attaccato a un
letto di ospedale o in fila all’ufficio postale: noi siamo unici davanti a Lui,
il nostro nome è scritto “sulle palme delle Sue mani” (Is 55), i capelli del
nostro capo sono tutti contati (Lc 12,7) e le nostre lacrime sono raccolte nel
Suo otre (Salmo 55,9).
Come è diversa la Buona Notizia di Gesù dall’illusione marxista, dove a contare non è il singolo ma la
società e la classe di appartenenza; dove l’individuo è un ingranaggio che,
quando non serve più o è di ostacolo alla realizzazione del paradiso terrestre,
deve solo essere eliminata o messa in condizione di non nuocere. Come è diverso dal verbo capitalista dove
tutti siamo trasformati in consumatori da convincere e da usare per produrre
ricchezza per pochi e bisogni fasulli per tutti.
L’illusione marxista ha mostrato storicamente la sua inadeguatezza e
disumanità, mentre nel capitalismo siamo ancora immersi fino al collo, perché sa incantarci con un benessere, che ci riempie
la pancia e gli occhi, ma ci lascia il cuore vuoto; che ci fa avere migliaia di
amici su Facebook, ma che ci lascia completamente soli.
Cristo continua a essere l’unica risposta vera per l’uomo che voglia
essere tale. Gesù è l’unica via di umanizzazione piena.
Gesù ci dice un’altra cosa straordinaria: “Anche se compi cose
sbagliate, per me tu non sei ciò che fai”. Dio ci dice che possiamo cambiare ed
Egli non ci incatena ai nostri errori e peccati, se noi ci lasciamo liberare. A
Dio non interessa ciò che siamo stati, ciò che abbiamo fatto, se oggi siamo
diversi. Se così non fosse il mondo sarebbe un inferno, perché nessuno avrebbe
possibilità di redenzione. Non c’è azione che davanti a Dio non meriti perdono,
se è chiesto e cercato.
L’amore per ognuno di noi non è banalizzazione del peccato: Dio non
vuole avere a che fare in nessun modo con il peccato. Gesù l’ha detto
chiaramente, il figlio minore della parabola era “morto”. Il peccato non è
qualcosa di indifferente, una realtà irrilevante nella vita, ma un virus che
può diventare mortale; non solo nel senso dell’inferno al quale potremmo essere
destinati alla fine della storia, ma già ora, rendendo la nostra esistenza oscura.
Eppure anche da quella morte, Dio può farci risorgere. Dio però ha bisogno di
mani per toccare chi è diventato intoccabile, di cuori che sanno fare spazio
dentro di sé, di occhi capaci di guardare con compassione, di piedi disposti a
camminare in ricerca di chi è perduto.
Oggi ci dice, non solo ciò che Lui fa per noi, ma anche ciò che vuole
che facciamo per gli altri. Queste tre incantevoli parabole non sono altro che
un’immagine di come Dio vuole le comunità umane: la famiglia, le fraternità
religiose, le comunità ecclesiali (Parrocchia, gruppi vari ecc …). Le persone
redente sono quelle che sanno meglio rimediare, come è possibile al male fatto;
perché sono cellule sane reinserite nell’organismo dell’umanità.
E’ bellissimo vedere il Padre che fa sapere a tutti la gioia per il
ritorno del figlio disgraziato, non si vergogna di lui, ma lo ama come non ha
mai cessato di amarlo.
Queste parole ci consolano, perché anche noi siamo sempre a rischio di
andarcene lontani, anche se in maniera più raffinata e meno appariscente, ma
anche ci impegnano. Questa è la Chiesa che Dio Padre vuole; una Chiesa capace
di guarire e accogliere. Non c’è niente di più lontano da Essa la pretesa di
una Chiesa che asseconda il male che si annida in noi e che deve essere
comprensiva a connivente con esso. La Chiesa cura, non aiuta a morire.
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