XXVIII DOM. T.O.
Domenica scorsa abbiamo detto che la fede cresce non perché l’attendiamo
come la manna dal cielo o per dei lunghi ragionamenti, ma perché, con pur con i
nostri limiti e fatiche, ci mettiamo a frequentare e seguire Gesù, il Verbo
fatto carne. In questo modo cresce la conoscenza di Dio e la fiducia in Lui.
Oggi un uomo viene lodato per la sua fede.
Non si tratta certamente di
una fede ortodossa e matura – è un samaritano, considerato eretico dagli ebrei
e parla a Gesù chiamandolo “maestro”, non Signore -, eppure Gesù lo loda. Egli
si è fidato.
Dieci lebbrosi hanno chiesto aiuto a Gesù ed Egli li ha solamente
invitati a recarsi dai sacerdoti. Perché? Perché toccava loro escludere dal
contesto sociale i lebbrosi, ma anche riammetterli dopo averne verificato la
guarigione (Lv 143ss).
Questi poveri uomini avrebbero potuto mille ragioni per non andare – del
resto erano ancora ammalati e avrebbero rischiato di andare inutilmente dai
sacerdoti -, eppure hanno scelto di obbedire; si sono fidati. E’ vero che non
avevano nulla da perdere, ma è altrettanto vero che Gesù non ha fatto nulla per
dargli una seppur minima illusione; non una preghiera, una benedizione, non li
ha toccati: niente di niente. Solo la forza della disperazione li ha spinti a
fidarsi.
Leggiamo che “Ii quei giorni,
Naamàn , … scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di
Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli
era purificato [dalla sua lebbra]” (2Re 5,14), ma prima di questo egli
reagì in maniera del tutto differente: “si
sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando
in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la
parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il
Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non
potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato”
(2Re 5,11s).
Ecco di cosa ha “bisogno” nostro Signore per salvarci: la nostra
disponibilità a fare ciò che ci chiede, anche quando non ne comprendiamo fino
in fondo il senso. Purtroppo siamo fin tropo esperti a discutere la Sua
volontà, nella convinzione di sapere meglio di Lui di cosa abbiamo bisogno e
quali sono i modi giusti per ottenerlo. Senza accorgercene, seppur in buona
fede, leghiamo le mani a Dio.
Vi faccio l’esempio banalissimo dei Sacramenti; il Signore ci ha
regalato questi semplicissimi strumenti di Grazia attraverso i quali fa tutto
Lui, noi dobbiamo solo collaborare “usandone” nel modo giusto, non c’è niente
da fare o li snobbiamo, perché non li conosciamo o li usiamo a modo nostro. Con
il Battesimo abbiamo deciso che è
meglio riceverlo da grandi quando si è più consapevoli, dimenticando che
proprio con i bambini è più efficace, perché più accoglienti; la Cresima è diventato il Sacramento
dell’abbandono; la Riconciliazione
la snobbiamo a più non posso, nell’erronea convinzione che è meglio fare da
soli con Dio, direttamente; non parliamo dell’Eucaristia, perché tanti dicono: “L’importante è fare il bene” e: “A cosa serve se non sono pienamente
presente con il cuore e la mente?”; il Matrimonio
oramai è soppiantato da ogni forma possibile di convivenza; il Sacramento dell’Ordine lo si vuole
snaturare in modo che sia tutto meno ciò che dovrebbe essere. I sacerdoti sono
più simili a consulenti e operatori sociali che collaboratori della Grazia di
Dio; infine l’Unzione degli infermi
la chiediamo quando solo un vero e proprio miracolo la renderebbe efficace.
Perché non cominciamo a fidarci? Perché non diciamo: “Se il Signore ci
ha offerto questi strumenti, li usiamo come vuole Lui”.
Sottolineo un’ultima cosa: tutti e dieci i lebbrosi sono stati guariti,
ma solo uno è stato salvato. Solamente il Samaritano ha accolto in pienezza
l’azione di Gesù; gli ha permesso di andare in profondità, di scavare fino alle
radici del suo essere. Come in ogni
malattia fisica, la guarigione non c’è perché cessano gli effetti manifesti, ma
perché si secca la radice da cui questi derivano.
Oggi Signore ti diciamo: “Abbia pietà di noi! Guarisci le nostre lebbre;
la paura di vivere, di impegnarci; di fidarci di Te. Sana la radice del nostro
peccato, che ci rovina le giornate. Non ci accontentiamo di una guarigione
esteriore, vogliamo diventare nuovi”.
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