XXVII DOM. T.O.
“Signore:“Accresci in noi la fede!”
(Lc 17,6); quante volte anche noi come gli apostoli ci siamo sentiti inadeguati,
magari perché ci è capitato di entrare in contatto con persone che ci hanno
dato l’impressione di avere una fede profonda – forse ci è scappato detto: “Vorrei
avere la tua fede” -; o quando abbiamo letto la biografia e le esperienze di
Santi che ci hanno particolarmente affascinati.
In realtà Gesù sembra dirci: “Non preoccuparti se la tua fede e tanta o
poca, ma lascia che la fede che hai diventi operativa nella tua esistenza. Se
ti preoccupi troppo di farla crescere, rischi di non far germogliare quella che
hai”. E’ come nel caso di coloro che aspettano sempre un di più per cominciare
a fare qualcosa: quando avrò tempo; quando avrò finito gli studi; quando vincerò
alla lotteria; quando me la sentirò …. e intanto il tempo passa invano. Dio non
ha bisogno di grandi cose, per fare grandi cose. Ricordiamo che per
moltiplicare il cibo per cinquemila persone si è servito solo di pochi pani e
pesci. Pensiamo alla vedova che ha messo nel tesoro una moneta che non valeva
nulla.
Scrive Dietrich Bonhoeffer: “Solo chi obbedisce crede. … Bisogna fare un
primo passo nell’obbedienza, perché la fede non diventi un pio autoinganno ….
Tutto dipende dal primo passo. … Il primo passo deve allontanare Pietro dalle
sue reti, farlo uscire dalla sua barca, deve allontanare il giovane ricco dalle
sue ricchezze. Solo in questa nuova esistenza creata dalla fede si può credere”
(Sequela, 17). Questo significa
che la fede non nasce e cresce da un ragionamento, ma a partire da una sequela.
La fede”cresce” se iniziamo a seguire Gesù concretamente a frequentarlo;
inevitabilmente la fede maturerà, come avviene nelle relazioni umane:
frequentando le persone, condividendone l’esistenza, le si conosce e si impara
a fidarsi. Dio non può essere conosciuto solo per sentito dire, perché in
questo caso non ci si potrà mai fidare fino in fondo di Lui. Stando con Gesù,
Egli si rivelerà a noi.
Cominciamo a stare con Gesù, non a guardarlo da lontano, ad
accontentarci che altri ci parlino di Lui e allora ci accorgeremo che già ora è
possibile sradicare l’albero del rancore e piantarlo nel mare della misericordia; combattere senza sosta contro il nostro peccato
e tenerlo lontano; lasciare che la nostra autonomia si apra alla sequela del
Signore; che l’egoismo si trasformi lentamente in carità; le nostre visioni
teologiche, “il Vangelo secondo me”, si immergano nella fede della Chiesa; il
dolore e la fatica di vivere lascino il posto al gusto della vita.
Ecco poi un altro problema: la ricompensa per la fede. Quanti credono
che la fede o ancora peggio, la pratica della religione, diano diritto a un trattamento
speciale.
Gesù ci ricorda che non possiamo vantare
diritti verso Dio; tutto ci viene donato gratuitamente da Lui, ma non perché
siamo stati bravi.
Il testo italiano usa un’espressione che rischia di essere forviante,
quando dice che siamo “servi inutili”; non ci piace per niente questa cosa. Una
traduzione migliore potrebbe
essere, «siamo
semplicemente schiavi», in inglese traducono unpròfitable che significa “senza
profitto” ossia che non
facciamo il nostro lavoro per guadagno o per utile, ma per dovere e gratuitamente:
semplicemente perché siamo Suoi e apparteniamo a Lui. Essere servi inutili equivale
dunque ad agire nella gratuità, nella consapevolezza di essere stati creati per
questo.
Un cristiano non è inutile, anzi è importantissimo;
Gesù ci ha detto che siamo “sale della
terra “ e “luce del mondo”, questa
è la nostra vocazione comune; con il Battesimo, Dio ci affida questa condizione
di vita.
Allora Signore, non Ti diciamo più: “Accresci la nostra fede”, ma aiutaci a
stare con Te; a non ragionare troppo su di Te, ma a frequentarti, così che
possiamo riconoscere la Tua voce, come la Maddalena davanti al sepolcro; a
percepire il Tuo profumo, mentre Ti avvicini; a vedere i segni della Tua
presenza dove gli altri non vedono nulla. Donaci di godere della nostra
condizione di Cristiani, non per i premi che un giorno potrai darci, ma per la bellezza
di un’esistenza che già oggi ha un sapore straordinario”.
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