V DOM. T.O
“Voi siete il sale …; voi siete la
luce …” (Lc 5,13;14). A chi sta parlando Gesù?
Ai suoi discepoli, quindi a me e a te. Egli continua il discorso
iniziato con le “Beatitudini” e con
il quale ha disegnato il codice genetico di chi lo segue. Come il sale è
strutturalmente salato e il fuoco non può non illuminare, così il cristiano è
geneticamente fatto per illuminare, dare sapore e conservare le realtà umane.
Sembra tutto così chiaro, però sappiamo quanta tenebra sono stati capaci
e sono capaci di portare e diffondere nella storia alcuni cristiani. Come
metterla allora?
“Il
"mistero della luna" è una formula a cui i Padri della Chiesa
ricorrono … per suggerire quale sia la vera natura della Chiesa: Come la luna,
"la Chiesa splende non di luce propria, ma di quella di Cristo"";
queste sono alcune delle parole che il cardinal Bergoglio ha pronunciato
durante il Conclave che lo avrebbe poi eletto Pontefice. La luna non illumina
da se stessa, non è fonte di luce, ma riflette quella che riceve dal sole.
Ecco allora chiara la condizione per poter
fare luce: essere riflettori della vera luce. L’evangelista Giovanni è
straordinario quando afferma: “la luce splende
nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il
suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla
luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva
dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che
illumina ogni uomo”
(Gv 1,5ss).
Nell’iconografia troviamo sempre le figure dei Santi con il capo
circondato da un’aureola o nimbo luminoso; questa è traduzione pittorica delle
parole di Gesù. La vita di tanti uomini e donne emana una luce invisibile, ma
percepibile grazie alla bellezza della loro esistenza. Costoro,
inconsapevolmente, diventano luce che orienta l’esistenza altrui.
La Chiesa sceglie alcuni di questi, non perché siano gli unici o le
eccezioni eccezionali, ma perché, tra tanti, siano modello, riferimento per tutti.
Guardandoci intorno, abbiamo la possibilità di riconoscere che, anche nelle
nostre strade, ci sono persone così; segno di una luce che ricevono dal rapporto
particolare che hanno con il Signore. Non fanno cose straordinarie, non
compiono miracoli, ma portano luce nelle cose ordinarie che fanno.
Questa vocazione a essere luce, come dicevamo, non è condizione
riservata ad alcuni, ma natura di tutti noi. Un cristiano che non riflette la
luce di Cristo, che separi la concretezza della sua esistenza dalla logica del
Vangelo, è assurdo, come una lampada nascosta sotto un letto.
Il sale dà sapore, ma possiamo anche dire che, nasconde il vero sapore
dei cibi, oltre a danneggiare la salute. E’ evidente che questa non è la
funzione dei cristiani. Il sale è un
ottimo conservante che, impedisce ai cibi di decomporsi. Ciò che si decompone è
destinato a marcire a causa dell’aria, dei batteri, dell’umidità ecc … La
comunità cristiana ha la vocazione a impedire che la realtà umana sia attaccata
da tutto ciò che può farla decomporre e morire. Quando noi non siamo ciò che
dobbiamo essere, la realtà rischia di degenerare. Quando diciamo: “Io quella
cosa non la farei, ma devo lasciare liberi gli altri di farla”, abdichiamo al
nostro ruolo.
Quand’è che un cristiano è sale e luce? Quando attraverso la sua
esistenza concreta, Gesù viene reso presente nella storia. Quando le nostre
mani toccano, come Gesù ha toccato; i nostri occhi guardano con il Suo sguardo;
i nostri orecchi ascoltano come Lui ascoltava; i nostri passi ci conducono
sulle strade che Lui percorreva; la nostra lingua pronuncia le Sue parole.
“Attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii Tu a condurmi!” (Cardinal Newman, 1833).
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