Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 25 febbraio 2018

Cammina e avrai la vita



II DOM. Q.

     Oggi ci troviamo davanti a un episodio indubbiamente “scandaloso” che, non può non mettere in crisi la nostra fede.

     Abram ha ricevuto da Dio la promessa di un figlio (“Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede. … Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede” (Gen 15,3s), ma ha dovuto attenderlo per molto tempo e solo quando Sara, sua moglie, non era più fisicamente capace di generare (“Tornerò da te … e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio. Intanto Sara stava ad ascoltare … Abramo e Sara erano vecchi … era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: “Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio?” (Gen 18,9ss).
     Prima di tutto questo, però, ad Abram è stato chiesto di  andarsene dalla sua terra, dalla  parentela e dalla casa di suo padre, verso la terra che Dio gli avrebbe  indicata (Gen 12, 1). Egli ha accettato di lasciare ogni umana sicurezza, in cambio di una promessa.  Abram è partito, unicamente aggrappato alla fiducia in questa promessa. Per Abram, Dio è affidabile, nonostante non comprenda appieno le Sue proposte.
     Qui emerge con drammatica forza cosa è la fede: cammino fiducioso nella fedeltà di Dio. Solo se sentiamo intimamente che Dio è fedele, possiamo muovere i passi nelle Sue proposte, senza discutere e contrattare o rimandare al tempo in cui tutto sarà più chiaro; il tempo giusto potrebbe non giungere mai.
     A questo punto, però, Abram sembra di percepire una nuova volontà divina. Dico “sembra”, perché non è ben chiaro se la richiesta viene da Dio o  piuttosto dalla spiritualità di Abram. Non esiste infatti  nessun testo che faccia pensare che Dio voglia sacrifici umani: “Non consegnerai alcuno dei tuoi figli per farlo passare a Moloc e non profanerai il nome del tuo Dio” (Lv 18,20); “costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Innòm, per far passare attraverso il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloc, cosa che io non avevo mai comandato loro – anzi non avevo mai pensato di far praticare questo abominio(Ger 32,35).
     Non fermiamoci troppo a discutere su questo tema, ma guardiamo al movimento che c’è sotto. La fede di Abramo non è  data una volta per tutte. Quell’uomo deve ripartire sempre, non adagiarsi. Dio chiede di fidarsi di Lui durante tutto il corso della vita, anche e soprattutto in quelle situazioni che non sono immediatamente chiare: “Nella mia prosperità ho detto, nulla mi farà vacillare. Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato”
(Salmo 30,7). Quando tutto è chiaro, non serve la fiducia. Fidarsi, significa, muovere i passi a partire dalla credibilità di chi propone i passi.
      Dio promette a ognuno di noi una vita saporita, bella che merita di essere vissuta. Il figlio atteso da Abramo è l’immagine di un’esistenza che produce frutti maturi, ma per giungere lì, bisogna percorrere le vie che il Signore ha segnate. Poco prima della Trasfigurazione, Gesù ha aspramente richiamato Pietro, perché egli “pensa secondo gli uomini e non secondo Dio”, ossia si rifiuta di entrare nell’originalità di Dio, per percorrere solo e sempre le strade battute da tutti. Abramo ci richiama ad accettare il rischio con Dio. Mercoledì sono andato ad Assisi per accompagnare, Giulio, uno dei nostri gifrini, per iniziare il cammino di consacrazione a Dio, nel nostro Ordine. Giulio aveva già una solida posizione lavorativa, relazioni affettive piene, eppure ha messo tutto in gioco, per un di più, pur senza sapere se tutto andrà a buon fine. Si è fidato della Parola di Dio.
     Dopo la Trasfigurazione, Gesù “mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti” (Mc 9,9); perché farli tacere, mentre dovrebbe spronarli ad andare a raccontare a tutti il prodigio che hanno visto? Perché non hanno ancora compreso niente. Del resto Gesù con sé Simone, al quale ha messo il nome di  Pietro, che significa il testardo, il cocciuto e poi i due discepoli  Giacomo e Giovanni fanatici, esaltati, arroganti, ambiziosi, ai quali mette il nome “figli del tuono”. Il rischio è che se ne vadano in giro a proporre non Dio, ma il loro dio, chiuso dentro le loro limitate comprensioni. Dio invece ha “bisogno” di gente che salga con Lui sul monte, per contemplare il Suo vero volto e che,  poi, scenda a valle, dove camminare sulle strade della Sua volontà e per farLo conoscere a tutti.
     Ti ringraziamo Signore per il dono prezioso del sì di Giulio; con i suoi passi, risveglia in noi il desiderio di percorrere le Tue strade, per andare non dove vogliamo, ma dove vuoi Tu.

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