II DOM. Q.
Oggi ci troviamo davanti a un episodio indubbiamente “scandaloso” che,
non può non mettere in crisi la nostra fede.
Abram ha ricevuto da Dio la promessa di un figlio (“Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede.
… Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede” (Gen
15,3s), ma ha dovuto attenderlo per molto tempo e solo quando Sara, sua moglie,
non era più fisicamente capace di generare (“Tornerò da te … e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio. Intanto Sara
stava ad ascoltare … Abramo e Sara erano vecchi … era cessato a Sara ciò che
avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse:
“Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è
vecchio?” (Gen 18,9ss).
Prima di tutto questo, però, ad Abram è stato chiesto di andarsene dalla sua terra, dalla parentela e dalla casa di suo padre, verso la
terra che Dio gli avrebbe indicata (Gen
12, 1). Egli ha accettato di lasciare ogni umana sicurezza, in cambio di una
promessa. Abram è partito, unicamente aggrappato
alla fiducia in questa promessa. Per Abram, Dio è affidabile, nonostante non comprenda
appieno le Sue proposte.
Qui emerge con drammatica forza cosa è la fede: cammino fiducioso nella fedeltà di Dio. Solo
se sentiamo intimamente che Dio è fedele, possiamo muovere i passi nelle Sue
proposte, senza discutere e contrattare o rimandare al tempo in cui tutto sarà
più chiaro; il tempo giusto potrebbe non giungere mai.
A questo punto, però, Abram sembra di percepire una nuova volontà
divina. Dico “sembra”, perché non è ben chiaro se la richiesta viene da Dio
o piuttosto dalla spiritualità di Abram.
Non esiste infatti nessun testo che
faccia pensare che Dio voglia sacrifici umani: “Non consegnerai alcuno dei tuoi figli per farlo passare a Moloc e non
profanerai il nome del tuo Dio” (Lv 18,20); “costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Innòm, per far
passare attraverso il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloc,
cosa che io non avevo mai comandato loro – anzi non avevo mai pensato di far
praticare questo abominio” (Ger 32,35).
Non fermiamoci troppo a discutere su questo tema, ma guardiamo al
movimento che c’è sotto. La fede di Abramo non è data una volta per tutte. Quell’uomo deve ripartire
sempre, non adagiarsi. Dio chiede di fidarsi di Lui durante tutto il corso
della vita, anche e soprattutto in quelle situazioni che non sono
immediatamente chiare: “Nella mia
prosperità ho detto, nulla mi farà vacillare. Nella tua bontà, o Signore, mi
hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato” (Salmo 30,7). Quando tutto è chiaro, non serve la fiducia. Fidarsi, significa, muovere i passi a partire dalla credibilità di chi propone i passi.
io sono stato turbato” (Salmo 30,7). Quando tutto è chiaro, non serve la fiducia. Fidarsi, significa, muovere i passi a partire dalla credibilità di chi propone i passi.
Dio promette a ognuno di noi una vita saporita, bella che merita di essere
vissuta. Il figlio atteso da Abramo è l’immagine di un’esistenza che produce
frutti maturi, ma per giungere lì, bisogna percorrere le vie che il Signore ha
segnate. Poco prima della Trasfigurazione, Gesù ha aspramente richiamato
Pietro, perché egli “pensa secondo gli
uomini e non secondo Dio”, ossia si rifiuta di entrare nell’originalità di
Dio, per percorrere solo e sempre le strade battute da tutti. Abramo ci
richiama ad accettare il rischio con Dio. Mercoledì sono andato ad Assisi per
accompagnare, Giulio, uno dei nostri gifrini, per iniziare il cammino di
consacrazione a Dio, nel nostro Ordine. Giulio aveva già una solida posizione
lavorativa, relazioni affettive piene, eppure ha messo tutto in gioco, per un
di più, pur senza sapere se tutto andrà a buon fine. Si è fidato della Parola
di Dio.
Dopo la Trasfigurazione, Gesù “mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno
ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai
morti” (Mc 9,9); perché farli tacere, mentre dovrebbe spronarli ad andare a
raccontare a tutti il prodigio che hanno visto? Perché non hanno ancora
compreso niente. Del resto Gesù con sé Simone, al quale
ha messo il nome di Pietro, che significa
il testardo, il cocciuto e poi i due discepoli
Giacomo e Giovanni fanatici, esaltati, arroganti, ambiziosi, ai quali mette
il nome “figli del tuono”. Il rischio è che
se ne vadano in giro a proporre non Dio, ma il loro dio, chiuso dentro le loro
limitate comprensioni. Dio invece ha “bisogno” di gente che salga con Lui sul
monte, per contemplare il Suo vero volto e che, poi, scenda a valle, dove camminare sulle
strade della Sua volontà e per farLo conoscere a tutti.
Ti ringraziamo Signore per il dono
prezioso del sì di Giulio; con i suoi passi, risveglia in noi il desiderio di
percorrere le Tue strade, per andare non dove vogliamo, ma dove vuoi Tu.
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