III DOM. Q.
«Ascoltate la parola del Signore, voi
tutti … che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. …: Rendete buone la
vostra condotta e le vostre azioni ... Se davvero renderete buone la vostra
condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia
…, se non opprimerete
lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente … e se
non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo
luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. Ma voi
confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere
adulterio, giurare il falso, … seguire altri dèi che non conoscevate. Poi
venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il
mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi
abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il
mio nome? Anch’io però vedo tutto questo!” (Ger 7,1ss).
E’ importante ascoltare questa profezia del profeta Geremia, altrimenti
rischiamo di non comprendere il senso più profondo del gesto di Gesù. Al
massimo finiamo per preoccuparci di questioni relative ai soldi che girano
intono ai santuari o ad alcune chiese, scandalizzandoci per ciò che fanno gli
altri. Questa parola invece è proprio per tutti noi che siamo qui, nessuno
escluso, e riguarda il nostro modo di vivere la fede.
Il problema non sta nel fatto che si vendano animali nel tempio o che
giri denaro – è inevitabile, visto che ogni giorno si dovevano offrire sacrifici,
previsti dalla legge di Mosè. Anche Maria e Giuseppe, “quando
venne il tempo della loro purificazione secondo
la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore …
e per offrire in sacrificio una
coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del
Signore” (Lc 2,22s) -, bensì nella frattura tra la vita reale, fuori dal
tempio e il culto. Gesù non tollera una spiritualità che non impegna e non
provoca al cambiamento, ma quasi legittima il nostro immobilismo.
Ancora più chiaro è il Salmo 50:
“Non ti rimprovero per i tuoi
sacrifici, i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
… Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. … Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; … Al malvagio Dio dice: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che hai in odio la disciplina
e le mie parole ti getti alle spalle? Se vedi un ladro, corri con lui e degli adulteri ti fai compagno. Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua trama inganni. Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. Hai fatto questo e io dovrei tacere? Forse credevi che io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa”.
… Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. … Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; … Al malvagio Dio dice: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che hai in odio la disciplina
e le mie parole ti getti alle spalle? Se vedi un ladro, corri con lui e degli adulteri ti fai compagno. Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua trama inganni. Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre. Hai fatto questo e io dovrei tacere? Forse credevi che io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa”.
Gesù non ce l’ha con quelli che hanno le bancarelle dei souvenirs a
Lourdes o a Medjugorie, ma con chi pur vivendo il culto, non vuole lasciarsi
toccare il cuore da Dio; con chi esce dalla celebrazione sembra uguale a se
stesso. Costui è un “ladro”, perché ruba a Dio la grazia e la spreca.
Per questo ci fanno ridere, per non dire, piangere, coloro che
vorrebbero da noi una fede rinchiusa nel privato delle nostre coscienze, senza
incidere sulla realtà in cui viviamo. Per noi è inconcepibile. Non esiste una
fede che possa rimanere chiusa in chiesa e se esistesse, avrebbe bisogno di
cura.
Comprendiamo allora perché oggi la Chiesa ci propone le Dieci Parole (il
Decalogo). Il culto non è mai fine a se stesso e non può diventare una
garanzia; non è il pegno che pago a Dio per stare tranquillo. La liturgia è il
fuoco che vuole infiammarci, per fare di noi dei nuovi Geremia; lui che a un
certo punto, pur sentendo tutta la fatica di servire il Signore, arriva a dire:
“nel mio cuore c’era come un fuoco
ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”
(Ger 20,9). Non si può stare qui e servire altri dèi, lasciando che a
determinare la nostra vita siano altre persone o altre situazioni;
interpellando il Signore solo quando le cose non vanno come previsto. Nemmeno
si può stare qui e non lasciarsi toccare il cuore, facendolo diventare
trasparenza del cuore di Dio.
«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza
numero? ... Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che
veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; …: non
posso sopportare delitto e solennità. … per me sono un peso, sono stanco di
sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se
moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: ... Lavatevi, purificatevi, allontanate
dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a
fare il bene,cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia
all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo. Anche
se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se
fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i
frutti della terra”
(Is 1,11ss).
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