V DOM. T.O.
“Le folle lo cercavano, lo raggiunsero e
tentarono di trattenerlo” (Lc
4,42). Vogliono tenere Gesù per sé e con sé, affinché risolva tutte le loro
difficoltà e guarisca tutti i loro malati, Gesù però non può essere trattenuto,
perché “è necessario che … annunci la
buona notizia del Regno di Dio” (4,43).
Ci sono quelli che pensano la fede prevalentemente, se non
esclusivamente, come una via per il proprio benessere, come una tettoia sotto
la quale rifugiarsi durante i temporali, senza lasciare spazio a coloro che, lì
vicino, si stanno bagnando.
«Non temere; d’ora in poi sarai
pescatore di uomini» (Lc 5,10), questa è la vocazione che Gesù affida a
Simone. Pescare, è tirare fuori. Si può pescare con l’inganno: con un verme che
nasconde l’amo; con la violenza: usando l’esplosivo che uccide
indiscriminatamente i pesci; in maniera indifferenziata: con una rete che
raccoglie tutto ciò che incontra. E’ ovvio che Gesù non parla di questo.
Il mare, jam in ebraico, sia
nella Bibbia come anche nelle antiche culture del vicino Oriente è simbolo del caos
primordiale, della morte, del nulla e del male, luogo popolato da
mostri.
Gesù chiama degli uomini, affinché con Lui e come Lui, si mettano a
servizio dei loro simili per portarli da una condizione di nulla, di male, di
caos, al bene, al bello, alla luce, al buono. Il mare da cui Gesù vuole
pescarci, oltre che da un’esistenza di peccato, anche da una vita non conforme alla
nostra dignità, non rispondente alla nostra natura. Ha bisogno di essere
pescato sia chi si è lasciato ingabbiare dal male, ma anche chi, pur non facendo
nulla di male, passa le sue giornate seduto davanti a un computer a vivere
relazioni virtuali o a istupidirsi con la televisione. Simone Cristicchi scrive
in questa sua bellissima canzone: “Attraversa
il tuo dolore, arrivaci fino in fondo. Anche se sarà pesante come sollevare il
mondo. E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte. E ti basta solo un
passo per andare oltre” (Abbi cura di
me); pescare, è indicare che il tunnel è un ponte e attraversarlo insieme.
Chi pésca i pesci, non chiede loro il permesso, anzi. La pésca degli
uomini, invece, non può prescindere dalla loro libera risposta, perché l’amore
non si impone.
L’altro si lascia “tirate fuori” dalla realtà di morte o di mezza vita
in cui si trova, se si sente attratto dall’amore e se riesce a fare
l’esperienza della vita buona, bella e vera, altrimenti chi glielo fa fare? Non
potrò mai adattarmi a una comunità che si accontenta di scampoli di relazione e
che, oltre alla panca durante la s. Messa non ha più niente da condividere.
Essere “pescatori di uomini” diventa possibile se per primi si è stati
pescati da Cristo; se da Lui siamo stati sedotti; se la nostra esistenza
personale è stata trasfigurata dall’azione insistente, paziente e rispettosa
dello Spirito Santo. Come si fa a trattenere per sé tanta bellezza?
“Pescare” gli uomini è dare la possibilità alla verità e bellezza che è
nel cuore egli uomini di venire fuori e
che, spesso inconsapevolmente, aspetta di essere chiamata in causa, anche se è
sepolta sotto mucchi di macerie: “Ecco,
io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio”
(Ez 37,12); “toglierò da voi il cuore di
pietra e vi darò un cuore di carne”(Ez 36,26)..
A Simone che si accusa di essere peccatore e incita Gesù ad
allontanarsi, il Signore risponde con una vocazione straordinaria. Gesù non si
ferma davanti al nostro limite e peccato, perché noi non siamo il nostro limite
e il nostro peccato. Dio mi fa grazia, affinché diventi strumento di grazia.
Non rispondere a questa vocazione, significa condannare tanti fratelli a
non conoscere una vita alternativa e a non poterla scegliere.
Signore Gesù, sali sulla barca della mia vita, così che non continui a
“lavorare tutta la notte senza pescare nulla”. Fammi dono del Tuo cuore,
affinché, pur povero e peccatore, possa mettermi a servizio dei miei fratelli.
Non lasciare che andiamo alla deriva.
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