PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO
I
desideri sono i motori della vita,
perché, quando sono potenti, ci muovono verso il loro
soddisfacimento. Ci
son operò desideri e desideri;
attese e attese: posso desiderare
di
fare esperienza di Dio; di
incontrare
la persona con la quale costruire la vita e crescere nell’amore;
l’opportunità di un lavoro che mi consenta di esprimere le mie
capacità; il ritorno della persona amata, partita per un lungo
viaggio, ma anche di
vedere la
partita della squadra del cuore o
l’ultima puntata del telefilm che mi appassiona, ecc … E’
evidente che posso avere nel contempo grandi e “piccoli”
desideri, ciò che conta è cosa
muove le mie scelte, cosa condiziona il mio vivere.
Il
sociologo Zygmunt Bauman afferma che viviamo in una società
che punta a soddisfare i bisogni materiali nell’immediato, però
i
prodotti che consumiamo si esauriscono in fretta, dunque i nostri
bisogni
non
sono mai completamente soddisfatti.
Ecco perché vogliamo consumare di più, per sentirci completi.
I
desideri DANNO SENSO alla vita, cioè la orientano, indicano
la direzione da seguire e,
più sono “banali”, fuori portata o
inadeguati e
tanto più la nostra esistenza sarà un vagare senza mèta.
Avere
un senso, significa sapere di non poter percorrere tutte le strade;
fare delle scelte e, ogni scelta, comporta una rinuncia. Chi non sa
darsi limiti, non può soddisfare il suo desiderio. Volendo
usare un’immagine, diciamo che, possiamo desiderare di dimagrire,
ma se non scegliamo di imparare a gestire il rapporto col cibo, il
nostro peso non cambierà.
Sa
desiderare solo chi non è sazio, chi percepisce di non avere ancora
raggiunto la mèta,
chi
non si accontenta;
chi
ha ricevuto una promessa da qualcuno di
affidabile.
Allora non conta l’età: si può essere anagraficamente vecchi, ma
con un cuore giovane, ancora pieno di vita e in ricerca, come
la profetessa Anna o come frate Eugenio che ha compiuto 100 anni
giovedì.
Viceversa,
si può essere giovani, ma già appassiti, ripiegati
e stanchi
camminatori su strade sempre uguali.
Quando
il desiderio è grande e riferito
alle cose fondamentali,
porta
con sé la capacità di accogliere
la sofferenza inevitabile dell’attesa. Non dobbiamo avere paura
della fatica legata
al desiderio ancora insoddisfatto,
ma dell’assenza del desiderio. Ascoltiamo
le parole di un premio Nobel:
“Capita
che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che la cosa più
importante è toccarlo, viverlo, convivere le malinconie e le
inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell’altro,
sentire che non ne puoi più fare a meno … e cosa importa se per
avere tutto questo devi aspettare cinquantatré anni sette mesi e
undici giorni notti comprese?” (Gabriel
García Marquez, L’amore
ai tempi del colera).
Simeone,
dopo avere incontrato “la salvezza di Dio preparata per tutti i
popoli” sente di poter anche morire e tutti gli anni dell’attesa
non sono stati inutili; ne è valsa la pena. Non
tutto e subito, ma ciò che conta a tempo opportuno.
L’attesa
è inutile solo se
è puro trascorrere del tempo, non se invece è vita, comunque
vissuta senza passività;
occasione per crescere e imparare a vivere. Simeone e Anna nel lungo
tempo trascorso al tempio, non sono stati a piangersi addosso,
lamentandosi del ritardo di
Dio, ma evidentemente si sono
lasciati purificare lo sguardo; sono
diventati più aperti all’azione dello Spirito Santo.
Infatti nulla diceva con
chiarezza che quel bambino era il Messia tanto atteso, eppure lo
hanno riconosciuto. Se
Gesù fosse giunto prima, sarebbe avvenuto altrettanto?
Chi
desidera, sa attendere e si fa cercatore: “
chiunque
chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”
(Mt
7,9). Si
può anche stare dentro un tempio ed essere vecchi, ma il cuore
cerca; si
possono avere in mano tutti gli strumenti, avere la possibilità di
andare in capo al mondo, ma non cercare nulla.
Voi
mi direte: cosa c’entra la fede in tutto questo? La fede ci aiuta a
discernere, a non sprecare tempo a correr dietro a
ciò che soddisfa per un istante,
lasciando il cuore vuoto. Scrive monsignor Mullor: “Saremo
o adolescenti eterni e tristi, in cerca di nuove tristezze, camuffate
di felicità passeggera, o adulti che, con maturità e gioia,
scelgono la fatica di assumere
le loro responsabilità davanti a Dio”
(Dio
crede nell’uomo,
38). “O
voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro,
venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza
pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è
pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?”
(Is
55,1-2).
Avere
fede, significa camminare nella vita, non a caso, ma dietro a Colui
che “via,
verità e vita”, “luce che brilla nelle tenebre”, a
spalancarGli la porta quando lo si trova a bussare e, a sbarrarla
invece all’anticristo. Scrive
Dante “Fatti
non foste a viver come bruti, ma
per seguir virtute e canoscenza”
(119
del canto XXVI dell’Inferno);
fa
parte del discorso che Ulisse rivolge ai suoi compagni per spronarli
a continuare il loro viaggio oltre le colonne d’Ercole, confine
ultimo del mondo allora conosciuto. Ulisse
chiede cioè ai propri compagni di pensare alla propria origine: non
sono stati creati per vivere come animali, ma per seguire la virtù e
la conoscenza. La nostra
fede ci richiama a non accontentarci mai, fino a quando non avremo
realizzato ciò per cui siamo stati creati.
Spirito
Santo, luce capace di rischiarare le tenebre, insegnaci a
non attaccare
il cuore a desideri inadeguati che, anche quando hanno una parvenza
di felicità, nascondono progetti del tutto umani e con poco
respiro;
a
non avere
paura del tempo, sapendolo
accogliere con le sue esigenze, perché
Dio è Signore del tempo ed
Egli si lascerà trovare e ci indicherà la via che ha pensata per
noi;
a
lasciare che il tempo operi in noi, come l’acqua che, scorrendo
sulla roccia, la leviga, trasformandola;
a
non
sprecare
il
tempo, ma a
viverlo:
“Insegnaci a
contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”.
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