VII DOM. T.O.
Il
mondo è molto preoccupato per il Coronavirus;
intere città
all’estero e paesi qui da noi, vengono chiusi dentro un cordone
sanitario di
sicurezza;
Facebook è pieno di messaggi più o meno allarmati e allarmanti
relativi alla diffusione del virus. Tanti
si preoccupano, giustamente, di ricordare quali comportamenti sono
opportuni per evitare il contagio.
Oggi
proviamo ad ascoltare il Vangelo, con lo stesso spirito con cui ci
stiamo preoccupando del Coronavirus. Non è un abuso, perché il male
e la violenza sono davvero un virus mortale, molto più diffuso della
malattia suddetta e, capaci
davvero di fare strage.
«Tallo
est
similitudo vindictae, ut taliter quis patiatur, ut fecit»1
(il
taglione è la proporzione della vendetta, cosicché uno subisca in
modo equivalente a quanto fece). «Taglione»
non
è un grosso taglio, è
una parola che
deriva dal tardo latino talio/talionis
e
che significa
tale;
di
conseguenza
lo ius
talionis
è il diritto di infliggere un’offesa tale
a quella che si è ricevuta. Certo
è un enorme passo avanti rispetto al passato, nel
quale ci poteva essere qualsiasi sproporzione tra l’offesa e la
difesa:
“Ho
ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio
livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette»
(Gen
4,23s); “Entrarono
indisturbati nella città e uccisero tutti i maschi. ... si buttarono
sui cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano
disonorato la loro sorella. Presero le loro greggi e i loro armenti,
i loro asini e quanto era nella città e nella campagna. Portarono
via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le
loro donne e saccheggiarono quanto era nelle case”
(Gen 34,25ss).
Attraverso
la vendetta sembra che l’offesa sia, in qualche modo, riparata, in
realtà non si ha che una moltiplicazione del male. Come
l’eco produce la ripetizione di una parola, così la violenza
genera violenza e
l’odio genera odio.
Oggi
Gesù ci propone un modo di vivere che taglia le radici al male, gli
impedisce di moltiplicarsi e di produrre i suoi frutti di morte e di
dolore. Si
presenta davanti ai nostri occhi un modo di agire
capace di rivoluzionare la storia. Altro che la religione “oppio
dei popoli”.
“Mostrerò
la mia santità in voi davanti ai loro occhi. … Vi aspergerò con
acqua pura e sarete purificati; ... vi darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra
e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e
vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere
in pratica le mie norme”
(Ez 36,23ss).
Ancora
una volta e con ancor più
evidenza, ci è chiaro
più che mai che,
se il cuore è ancora di pietra, mai sarà realizzabile ciò che il
Signore ci chiede. Senza
il “cuore nuovo”,
purificato dall”acqua
pura”
che viene da Dio, non
potremo mai vivere il comandamento dell’amore come Gesù ce lo
chiede. Se scegliamo di
applicare i criteri “umani”, difficilmente potremo vivere in
maniera evangelica.
Padre
Jacques Mourad (monaco
siriano) racconta i giorni
di violenze, vessazioni, privazioni, torture psicologiche e fisiche,
seguite al suo rapimento
(31 agosto 2015) a opera dei fondamentalisti islamici.
Dopo i primi tre mesi di prigionia a Raqqa, era stato trasferito in
un carcere vicino Palmira, dove aveva ritrovato duecentocinquanta
cristiani della sua comunità. Quel giorno ricevette la visita un
gruppo di capi jihadisti. “Questi
cinque uomini dell’Isis mi portarono in una piccola stanza e il
loro capo iniziò a leggermi una dichiarazione del califfo
al Baghdadi, il leader dell’Isis, indirizzata ai cristiani di
Qaryatein. Si
trattava di una lunga serie di leggi per noi cristiani che vivevamo
sotto il potere dello Stato islamico”.
Padre Jacques
apprende con grande sorpresa che la sua comunità sarebbe stata
riportata a
Quaryatein, che
diventava però per loro una sorta di carcere a cielo aperto.
Sarebbero stati sottoposti a una serie di pesanti divieti, ma
avrebbero potuto di nuovo celebrare la Santa Messa.
“Questa notizia fu per me un miracolo inaspettato”, ci confida
quasi commuovendosi. “Non credevo di poter tornare a celebrare
l’Eucarestia e ricevere la Comunione. Fu per me un grande dono di
misericordia da parte di Dio”.
Durante il colloquio,
padre Mourad cerca però capire
perché il Califfato aveva scelto di riportarli a casa.
“Il capo
jihadista mi rispose che lo avevano deciso in quanto noi cristiani di
questa comunità non avevamo portato le armi contro i musulmani. Fu
una risposta che mi colpì molto e mi fece capire tante cose. Capii
soprattutto che chi decide di non praticare la violenza può con la
sua scelta cambiare l’attitudine di coloro che sono abituati ad
imbracciare le armi. Siamo stati salvati grazie alla nostra vocazione
di cristiani, testimoni di pace”.
Oggi
Gesù
ci chiama a una forma diversa della legge del taglione: «Talis
Pater,
talis
Filius»,
tale
il padre, tale il figlio. Il cristiano è colui che rende presente il
volto di Dio nella storia; non di un dio qualunque o, peggio ancora,
di una divinità pagana assetata
di sangue,
ma di quel Dio che si è mostrato in Gesù Cristo, vero Dio e vero
uomo. Le parole, i gesti, gli sguardi di Gesù manifestano Dio; a
ciascuno di noi, se vogliamo essere dei Suoi, dice l’apostolo
Giovanni: “Chi
dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è
comportato”
(1Gv 2,6).
Signore,
prendi il nostro cuore, purificalo dai germi dell’odio e della
violenza; rompi la durezza della pietra e trasformalo in carne;
riempilo del Tuo amore.
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