“Riguardo
ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza”
(1Cor
12,1).
San
Paolo scrive queste parole ai cristiani di Corinto, per lo più
provenienti dal mondo greco-pagano, da una religiosità
caratterizzata da manifestazioni esteriori eclatanti, con fenomeni
quasi di possessione - l’ “enthusiasmòs”, l’entusiasmo è il
fatto di una divinità che entra nel corpo e suscita una particolare
eccitazione -. In quella comunità non era chiaro cosa
fosse
frutto
dello
Spirito di Dio e quanto
abitudine o addirittura mania religiosa.
Evidentemente qualcuno
deve avere
chiesto a Paolo che cosa pensasse
di questi fenomeni, o forse gli erano
giunte
notizie di un’esagerazione in questa direzione e l’apostolo
esprime
il suo parere.
Innanzitutto
dello
Spirito Santo si può parlare solo partendo dagli effetti. Per
capire se lo Spirito Santo sta agendo, bisogna riconoscere i segni
della Sua presenza. Come
il vento lo si vede da
ciò che
produce, così lo Spirito: il primo effetto, quello determinante,
fondamentale e decisivo, è la fede in Gesù: “nessuno
può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello
Spirito Santo”
(12,3).
Lo
Spirito Santo porta a dire: Gesù ha ragione, io Lo
accetto, mi affido a Lui,
metto nelle Sue
mani
la mia vita.
Laddove
Cristo è il riferimento
effettivo di
un’esistenza, lì lo Spirito Santo è presente e opera.
Paolo
poi
prosegue
e afferma: “A
ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il
bene comune”
(12,7);
egli
fa un passo avanti e
dice che ciascuno dei cristiani ha ricevuto una manifestazione dello
Spirito e,
quel dono è
a
servizio degli altri, per la comunità. Il
carisma, il dono, non è
fine a se stesso, ma è
finalizzato al
bene degli
altri.
Ciò
che conta non
è quanto
il
dono sia
straordinario, ma come viene usato; se tenuto
inutilizzato, se usato per
l’utilità personale oppure per il bene degli altri. Prendiamo
il fatto raccontatoci
da
Luca: “Apparvero
loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su
ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito
dava loro il potere di esprimersi” (At
2,2ss).
Cosa è importante qui, che i discepoli parlino miracolosamente una
molteplicità
di lingue straniere o che, attraverso questo dono possano parlare,
entrare in relazione, indicare a coloro
che ascoltano
la via della salvezza? A
cosa serve essere
poliglotti
se poi si resta muti o si
vuole semplicemente
apparire
come fenomeni o, peggio ancora, si diffondono errori e
cattiverie?
C’è
chi conosce molte cose, indubbiamente sa parlare, ma le sue parole
non toccano il cuore, restano sospese sopra la testa, inefficaci; al
contrario, ci sono altri, un po’ rari purtroppo, dal quale si sente
ascoltati con attenzione, amati e letti in profondità: questi
riescono a dire parole vere, operative, capaci di cambiare la nostra
storia. Qui
c’è lo Spirito che agisce.
Un
secondo segno che lo Spirito sta agendo, è l’apertura all’altro,
l’uscita da sé e dal proprio egocentrismo.
Ecco
allora la conclusione di Paolo: “Desiderate
invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via
più sublime”
(12,31);
la
via per
eccellenza,
dice, superiore a tutte le altre, e a cui dovete aspirare è la
carità, l’agàpe. Ecco
allora le meravigliose parole che tutti conosciamo: “Se
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la
carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e
avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare
le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche
dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne
vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe” (13,1ss).
La
carità è la prova che il dono, non solo viene da Dio, ma è operato
con la Sua grazia, con il Suo aiuto: “La
carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non
si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non
cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”
(13,4ss).
Spirito
Santo, “dito
della mano di Dio”,
non ti chiediamo doni appariscenti, ma di renderci uomini
dal cuore
grande, benevoli, capaci di godere dei successi altrui, di non
inorgoglirci per i nostri doni; rispettosi della dignità altrui;
capaci di guardare al bene degli altri, oltre che al nostro; miti e
capaci di perdonare; amici della giustizia
e
testimoni credibili della verità; pieni di pazienza verso gli altri.
Amen
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