Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 23 agosto 2020

Stupore

XXI DOM T.O.

Stando a contatto con persone che parlano lingue straniere, appartenenti a culture diverse dalla nostra, mi sono accorto che, spesso, anche quando rispondono affermativamente a certe mie spiegazioni o affermazioni, in realtà, non hanno compreso nulla. Per questo ho cominciato a chiedere di ripetere ciò che dico loro, per verificarne l’effettiva comprensione.

Mi pare che Gesù stia facendo un po’ la stessa cosa con i Suoi apostoli, perché sa che, anche quando sembrano avere compreso, spesso sono ben lontani dalla verità. Non per niente chiede loro di non andare in giro a raccontare ciò che hanno appena scoperto; forse per il semplice fatto che andrebbero a dire delle sciocchezze o, semplicemente delle mezze verità.

Perché fanno così fatica a capire? Perché partono sempre e solo da ciò che già sanno e conoscono. In questo modo non riescono a farsi sorprendere da ciò che è diverso dal loro modo di pensare. Sono esattamente come i loro connazionali che, cercano di comprendere Gesù a partire dalle nozioni religiose che gli sono state insegnate. In questo modo impediscono a Dio di essere originale.

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo?” (Rm 11,33s); queste parole le scrive san Paolo, uno che si è lasciato totalmente scardinare da Gesù. Lui che era un fondamentalista ebreo, acquista con Cristo una logica completamente nuova. Chi è troppo asserragliato dietro alla propria verità, rischia di non poter conoscere la Verità.

Cosa consente a Pietro di comprendere, anche se, forse solo per un attimo, chi è davvero Gesù? Il fatto che si lasci illuminare da Dio stesso. Pietro comprende per rivelazione e, non per puro ragionamento: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17). E’ come se Gesù gli stesse dicendo che, ha compreso, solo perché si è arreso alla verità, sospendendo le sue conoscenze.

Sto forse dicendo che bisogna essere relativisti? Assolutamente no. Io la penso esattamente come papa Benedetto XVI: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (Omelia S. Messa Pro eligendo Romano Pontifice, 18 aprile 2005). Quello che intendo io, è la dittatura del proprio punto di vista, reso assoluto, pur essendo relativo; che parte solo da ciò che si sa e che, non si lascia mettere in discussione da nulla.

Gesù, pur innestandosi profondamente nella fede di Israele, porta qualcosa di assolutamente nuovo. Per Israele Dio era il totalmente altro, santissimo, pressoché inavvicinabile, geloso e iracondo, anche se nello stesso tempo misericordioso e amante del Suo popolo; in Gesù si mostra un volto di Dio diverso: Egli non è lontano, ma vicino; non violento, ma totalmente misericordioso; non inavvicinabile, ma addirittura toccabile; non contro i peccatori, ma a favore della loro salvezza, costi quel che costi.

Abbiamo bisogno anche noi di lasciarci stupire da questo Dio, le cui vie, non sono le nostre vie e i cui pensieri non sono i nostri pensieri. Tante volte crediamo in un dio che, in realtà non esiste, perché è solo la proiezione dei nostri desideri; oppure rifiutiamo di credere in Dio, solamente perché ce lo immaginiamo come Lui non è.

Padre, fa che anche per noi, né la carne né il sangue, siano l’unico modo di conoscerti, ma svelati al nostro cuore; mostraci il Tuo volto e stupiscici con la Tua bellezza.

 

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