Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 2 novembre 2020

L'eterno riposo dona loro o Signore

 

COMMEMORAZIONE DEFUNTI


Questo giorno è volgarmente indicato come giorno dei morti, ma la Chiesa lo chiama “Commemorazione di tutti …”. Qualcuno penserà morti o defunti è la stessa cosa, invece le cose stanno diversamente. “Defunctus” è un termine latino e significa “che ha svolto la sua funzione”, “che ha finito”. Defunto dunque è chi “ha portato a compimento la sua vita”. Quello che per i non credenti è fine, distruzione, per noi è compimento, realizzazione, pienezza. Noi tendiamo a misurare la vita in QUANTITA’ (deve essere lunga), mentre Dio la misura in QUALITA’.

Anche per il cimitero ci soccorre il significato delle parole, infatti coemeterium, dal greco κοιμητήριον indica il "luogo di riposo”. Quindi oggi si deve meditare sulla vita e non sulla morte; sulla vita di ieri, di oggi e di domani.

Siamo chiamati a guardare il nostro passato, per fare memoria della nostra storia. Il passato, per un cristiano, non è il carcere che tiene prigionieri, ma la scuola che, proprio a partire dagli errori, dalle cose non fatte o non dette, insegna a vivere il presente in maniera diversa. Il Signore non guarda il nostro ieri, ma il nostro oggi: come siamo adesso.

Lo sguardo però si dive spingere anche al nostro presente. Chi è stato a Fontecolombo, dove san Francesco ha scritto la sua Regola, ha certamente letto un’iscrizione che si trova sulla finestra dell’ossario; essa dice: “Ciò che siete fummo; ciò che siamo sarete”. Nelle sale da pranzo romane del periodo imperiale si dipingeva spesso uno scheletro, con la scritta “riconosci te stesso”; questo serviva a richiamare l’esigenza a non perdere neppure un momento di piacere. Anche a noi, quelle ossa, ricordano che un giorno moriremo, e ci aiutano a “contare i nostri giorni”, come dice splendidamente il salmo 89. La consapevolezza del tempo che scorre inesorabilmente, però non ci spinge al piacere (“chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza”), bensì alla “sapienza del cuore”ci deve aiutare cioè a vivere il presente, senza rinviare le scelte fondamentali. Sapienza deriva da “sapore”, e ci richiama a non lasciare che la nostra esistenza scorra insipida. Siamo richiamati a fare la scelta fondamentale, Cristo, Via, Verità e Vita.

Infine, lo sguardo si deve volgere al futuro, che se ci riserverà certamente il passaggio attraverso la porta della morte. Oggi possiamo guardare ai nostri cari, che ci hanno preceduti, certamente con rimpianto, ma anche con la certezza che essi sono giunti nella “pienezza senza fine e dolcezza alla destra di Dio”. Noi, con Giobbe diciamo: “Io so che il mio redentore è vivo e che, … dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne vedrò Dio” (Gb 19,25s).Oggi dobbiamo fare memoria della promessa fatta dal Padre a Gesù: “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno”.

Padre, manda su di noi lo Spirito Santo, affinché la morte non sia solo occasione di lacrime e di dolore, ma diventi per ciascuno una scuola di vita.

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