Oggi entriamo nel tempo dell’Avvento. La parola Avvento (adventus, avvenimento) era già usato nel mondo pagano, sia per indicare la venuta dell’imperatore in una città, soprattutto all’epoca in cui godeva del rango divino, ma anche per la venuta degli dèi, ai quali si assegnava un giorno in cui venire e farsi presenti. In entrambi i casi le feste organizzate si protraevano per diversi giorni e tutte venivano denominate adventus. E’ dal IV secolo che la Chiesa ha cominciato a introdurre questo termine e questo tempo nelle sue celebrazioni. Tutto ha avuto inizio dopo il 313, quando l’imperatore Costantino, con l’Editto di Milano, ha concesso finalmente la libertà ai cristiani, sottoposti per tre secoli a dure persecuzioni.
Per noi, oggi, l’Avvento è “tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi” (Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario, 39).
Quindi l’Avvento è tempo di preparazione e attesa, ma di chi o di che cosa? A molti questa sembrerà una domanda inutile; magari la fosse! Siamo proprio sicuri che nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre Parrocchie, non si attenda piuttosto Babbo Natale o una qualche colombina della pace, sufficientemente neutra per non dare fastidio?
C’è una bella differenza se mi preparo ad accogliere Babbo Natale piuttosto che Gesù Cristo; dal primo infatti mi attendo solamente dei regali, capaci di soddisfare i miei desideri per due o tre giorni, se invece attendo Gesù Cristo, mi preparo ad accogliere uno che intende entrare nella mia vita per restarci, non per andarsene con la sua slitta, così come è arrivato. Gesù Cristo viene a portarmi vita, non cose. Gesù non viene il 25 dicembre per andarsene il 26. Questi sono giorni che ci aiutano a ricordare che Egli è già qui: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20); che adesso chiede di entrare nella mia vita.
I testi della liturgia odierna dicono proprio questo: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,27); il “germoglio della stirpe di Davide” viene, o meglio, ci ricorda, che è Lui a portarci la liberazione.
Sono i fatti a dire chi sto attendendo.
Quando si attende un ospite di riguardo la prima cosa che le persone fanno, è di preparare la casa, metterla in ordine e ripulirla. L’ospite atteso, poi, viene accolto nell’ambiente più bello.
Cosa significa preparare la mia casa per accogliere Gesù? E’ sufficiente mettere gli addobbi, le luci, ornare l’albero o meglio ancora il Presepe? Bello da farsi, ma sufficiente certamente no. La casa che il Signore vuole trovare in ordine è quella della mia vita personale: “State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (21,34). Come sarebbe bello se ognuno di noi vivesse queste quattro settimane, cercando di alleggerire la propria vita, appesantita per esempio dal peccato – ognuno sa da cosa è rallentato nel seguire il Signore -. Se l’Avvento fosse vissuto così da ognuno di noi, diventerebbe uno straordinario tempo di grazia per il mondo intero.
Un’altra cosa che si fa quando si attende un ospite, è informarsi sui suoi gusti, per evitare di scontentarlo. Non corriamo invece il rischio con il Signore, di preparargli ciò che piace a noi e non a Lui. Mi chiedo cosa vuole da me o mi accontento di preparargli gli stessi “piatti” degli anni passati – qualche fioretto e la Messa della notte di Natale? E se da me desiderasse nuove scelte di vita? Perché non attenderlo con l’impegno a perdonare qualcuno, o a concedere il perdono a chi ce lo richiede; perché non scegliere di dedicare più tempo alla preghiera e alla Parola di Dio; perché non scegliere di dedicare più tempo al proprio coniuge e alla famiglia; perché non scegliere di dedicarsi all’aiuto in parrocchia; perché non diventare un datore di lavoro giusto …?
Per noi, oggi, l’Avvento è “tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi” (Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario, 39).
Quindi l’Avvento è tempo di preparazione e attesa, ma di chi o di che cosa? A molti questa sembrerà una domanda inutile; magari la fosse! Siamo proprio sicuri che nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre Parrocchie, non si attenda piuttosto Babbo Natale o una qualche colombina della pace, sufficientemente neutra per non dare fastidio?
C’è una bella differenza se mi preparo ad accogliere Babbo Natale piuttosto che Gesù Cristo; dal primo infatti mi attendo solamente dei regali, capaci di soddisfare i miei desideri per due o tre giorni, se invece attendo Gesù Cristo, mi preparo ad accogliere uno che intende entrare nella mia vita per restarci, non per andarsene con la sua slitta, così come è arrivato. Gesù Cristo viene a portarmi vita, non cose. Gesù non viene il 25 dicembre per andarsene il 26. Questi sono giorni che ci aiutano a ricordare che Egli è già qui: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20); che adesso chiede di entrare nella mia vita.
I testi della liturgia odierna dicono proprio questo: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,27); il “germoglio della stirpe di Davide” viene, o meglio, ci ricorda, che è Lui a portarci la liberazione.
Sono i fatti a dire chi sto attendendo.
Quando si attende un ospite di riguardo la prima cosa che le persone fanno, è di preparare la casa, metterla in ordine e ripulirla. L’ospite atteso, poi, viene accolto nell’ambiente più bello.
Cosa significa preparare la mia casa per accogliere Gesù? E’ sufficiente mettere gli addobbi, le luci, ornare l’albero o meglio ancora il Presepe? Bello da farsi, ma sufficiente certamente no. La casa che il Signore vuole trovare in ordine è quella della mia vita personale: “State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (21,34). Come sarebbe bello se ognuno di noi vivesse queste quattro settimane, cercando di alleggerire la propria vita, appesantita per esempio dal peccato – ognuno sa da cosa è rallentato nel seguire il Signore -. Se l’Avvento fosse vissuto così da ognuno di noi, diventerebbe uno straordinario tempo di grazia per il mondo intero.
Un’altra cosa che si fa quando si attende un ospite, è informarsi sui suoi gusti, per evitare di scontentarlo. Non corriamo invece il rischio con il Signore, di preparargli ciò che piace a noi e non a Lui. Mi chiedo cosa vuole da me o mi accontento di preparargli gli stessi “piatti” degli anni passati – qualche fioretto e la Messa della notte di Natale? E se da me desiderasse nuove scelte di vita? Perché non attenderlo con l’impegno a perdonare qualcuno, o a concedere il perdono a chi ce lo richiede; perché non scegliere di dedicare più tempo alla preghiera e alla Parola di Dio; perché non scegliere di dedicare più tempo al proprio coniuge e alla famiglia; perché non scegliere di dedicarsi all’aiuto in parrocchia; perché non diventare un datore di lavoro giusto …?
Nessun commento:
Posta un commento