Questo testo di Mc contiene l’ultimo discorso di Gesù. Essendo espresso nel tipico linguaggio della letteratura apocalittica biblica ed extra-biblica, bisogna fare attenzione a distinguere tra linguaggio e messaggio, per evitare di relegare in secondo piano ciò che è essenziale e privilegiare invece ciò che è accessorio.
“Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?” (Mc 13,1s). Inizia così il capitolo XIII di Mc. In esso, proprio a partire dalla domanda dei discepoli, Gesù annuncia per i suoi un tempo faticoso in cui saranno portati davanti ai sinedri e ai governatori per essere giudicati; in cui “il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mc 13,12). Questa è la sorte dei cristiani di ogni tempo, chiamati a essere la coscienza del mondo, e per questo, inevitabilmente saranno sempre osteggiati. Questo tempo non finirà finché saremo in questa fase della storia. Gesù annuncia anche “guerre, rumori di guerre … terremoti … carestie” (13,8). Qualcuno si ostina a voler vedere in questi fatti i segni della fine del mondo, ma quando mai non ci sono state guerre, carestie e terremoti? Se le guerre fossero segno della fine, non dovrebbe esistere nulla da un bel po’, anche perché quando mancano le guerre armate tra Stati – come adesso in Italia – ci sono le guerre tra fratelli, tra vicini, tra colleghi, parrocchiani, ecc … - che non sono segno meno grave -. Io credo che Gesù descriva semplicemente ciò che è la storia quando l’uomo pretende di fare da sé, e le cose non cambieranno finché l’essere umano continuerà a pretendere di fare da sé.
“Dopo quei giorni, dopo quella tribolazione …”; se ci limitiamo a guardare la storia da questo punto di vista – la storia è tribolazione -, non ci resta che lo sconforto, perché sembra che l’umanità non impari nulla dalle vicende del passato; la memoria è troppo corta, per cui i drammi creati dall’essere umano sembrano essere destinati a ripetersi uguali a se stessi, anche se cambiano i nomi dei responsabili; ieri si chiamavano Nerone o Caligola, Attila, Napoleone, Hitler, Mussolini, Lenin, Stalin, oggi hanno altre fisionomie, ma il risultato non cambia.
Se le cose stanno così, non ci resta che fare nostre le parole di un personaggio dell’Epopea di Gilgames - antico poema orientale -: “Gilgames … la vita che tu cerchi non puoi trovarla: quando gli dei crearono l’umanità, la morte stabilirono per gli uomini, mentre la vita la tennero nelle loro mani! Tu … appaga il tuo ventre, ricerca giorno e notte il piacere, ogni giorno fa festa, giorno e notte danza a suon di musica, indossa vestiti puliti e la tua testa sia lavata … : questa soltanto è la sorte dell’uomo!”. Se la storia è solo tribolazione, godiamocela.
Invece Gesù dice che dopo “quei giorni”, avverrà qualcosa: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo …” (13,24); allora siamo messi proprio male, perché dopo la tribolazione ci attende la devastazione. In realtà non si vuole affermare la fine del mondo: a una lettura attenta non sfugge che la terra non viene toccata; a essere sconvolti saranno gli spazi celesti, perché saranno attraversati dal Figlio dell’uomo. La luce del sole e della luna sarà offuscata, perché nel cielo apparirà una fonte di luce più forte: “E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori” (2Pt 1,19).
La Scrittura va letta sempre, tenendo presente il suo messaggio complessivo, e altrove emerge che il creato, tutta la natura, parteciperà della progressiva liberazione dalla corruzione e sarà glorificata con l’uomo. La forza trasformante della risurrezione di Cristo sarà estesa non solo all’essere umano, ma anche al resto della creazione, che fin dall’inizio era considerata da Dio “buona e bella”.
Gesù quindi non annuncia distruzione e devastazione, ma compimento, realizzazione. Quando tornerà per la seconda e ultima volta, sarà per radunare gli esseri umani, per condurci nel suo regno dove “ogni lacrima sarà asciugata”. A noi oggi spetta adoperarci affinché la storia non continui a essere una ripetizione di errori e peccati, anche perché, come scrive il profeta Daniele: “Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna” (Dn 12,2).
“Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?” (Mc 13,1s). Inizia così il capitolo XIII di Mc. In esso, proprio a partire dalla domanda dei discepoli, Gesù annuncia per i suoi un tempo faticoso in cui saranno portati davanti ai sinedri e ai governatori per essere giudicati; in cui “il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mc 13,12). Questa è la sorte dei cristiani di ogni tempo, chiamati a essere la coscienza del mondo, e per questo, inevitabilmente saranno sempre osteggiati. Questo tempo non finirà finché saremo in questa fase della storia. Gesù annuncia anche “guerre, rumori di guerre … terremoti … carestie” (13,8). Qualcuno si ostina a voler vedere in questi fatti i segni della fine del mondo, ma quando mai non ci sono state guerre, carestie e terremoti? Se le guerre fossero segno della fine, non dovrebbe esistere nulla da un bel po’, anche perché quando mancano le guerre armate tra Stati – come adesso in Italia – ci sono le guerre tra fratelli, tra vicini, tra colleghi, parrocchiani, ecc … - che non sono segno meno grave -. Io credo che Gesù descriva semplicemente ciò che è la storia quando l’uomo pretende di fare da sé, e le cose non cambieranno finché l’essere umano continuerà a pretendere di fare da sé.
“Dopo quei giorni, dopo quella tribolazione …”; se ci limitiamo a guardare la storia da questo punto di vista – la storia è tribolazione -, non ci resta che lo sconforto, perché sembra che l’umanità non impari nulla dalle vicende del passato; la memoria è troppo corta, per cui i drammi creati dall’essere umano sembrano essere destinati a ripetersi uguali a se stessi, anche se cambiano i nomi dei responsabili; ieri si chiamavano Nerone o Caligola, Attila, Napoleone, Hitler, Mussolini, Lenin, Stalin, oggi hanno altre fisionomie, ma il risultato non cambia.
Se le cose stanno così, non ci resta che fare nostre le parole di un personaggio dell’Epopea di Gilgames - antico poema orientale -: “Gilgames … la vita che tu cerchi non puoi trovarla: quando gli dei crearono l’umanità, la morte stabilirono per gli uomini, mentre la vita la tennero nelle loro mani! Tu … appaga il tuo ventre, ricerca giorno e notte il piacere, ogni giorno fa festa, giorno e notte danza a suon di musica, indossa vestiti puliti e la tua testa sia lavata … : questa soltanto è la sorte dell’uomo!”. Se la storia è solo tribolazione, godiamocela.
Invece Gesù dice che dopo “quei giorni”, avverrà qualcosa: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo …” (13,24); allora siamo messi proprio male, perché dopo la tribolazione ci attende la devastazione. In realtà non si vuole affermare la fine del mondo: a una lettura attenta non sfugge che la terra non viene toccata; a essere sconvolti saranno gli spazi celesti, perché saranno attraversati dal Figlio dell’uomo. La luce del sole e della luna sarà offuscata, perché nel cielo apparirà una fonte di luce più forte: “E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori” (2Pt 1,19).
La Scrittura va letta sempre, tenendo presente il suo messaggio complessivo, e altrove emerge che il creato, tutta la natura, parteciperà della progressiva liberazione dalla corruzione e sarà glorificata con l’uomo. La forza trasformante della risurrezione di Cristo sarà estesa non solo all’essere umano, ma anche al resto della creazione, che fin dall’inizio era considerata da Dio “buona e bella”.
Gesù quindi non annuncia distruzione e devastazione, ma compimento, realizzazione. Quando tornerà per la seconda e ultima volta, sarà per radunare gli esseri umani, per condurci nel suo regno dove “ogni lacrima sarà asciugata”. A noi oggi spetta adoperarci affinché la storia non continui a essere una ripetizione di errori e peccati, anche perché, come scrive il profeta Daniele: “Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna” (Dn 12,2).
Nessun commento:
Posta un commento