Il Vangelo odierno inizia con una indicazione temporale: “Il terzo giorno …”: chiaramente esso viene dopo altri due giorni. Cos’è avvenuto prima? L’incontro di Gesù con due discepoli di Giovani Battista, uno dei quali, Andrea, ha coinvolto suo fratello Simone; c’è stata poi la chiamata di Filippo, il quale a sua volta ha contattato Natanaele. S’è formato il primo nucleo di discepoli di Gesù; è il gruppo del “vieni e vedi”, perché tutti arrivano a Gesù attraverso questo percorso.
I fatti si svolgono a Cana di Galilea, un centro piuttosto vicino a Nazaret, dove Gesù ha vissuto. Per questo non è strano l’invito al matrimonio, come non è particolarmente strano ciò che Maria dice a Gesù: “Non hanno più vino!”; infatti le feste di matrimonio erano tali che potevano durare anche una settimana, era quindi usuale che gli ospiti portassero del vino da condividere.
L’apostolo ed evangelista Giovanni, è rappresentato come aquila, perché è colui che vola alto e vede ciò che gli altri non vedono. Il suo Vangelo infatti è “diverso” da quelli Sinottici (Mt, Mc, Lc che, messi in sinossi, cioè affiancati, mostrano i loro elementi comuni). Quando leggiamo o ascoltiamo un testo di Gv, dobbiamo cercare di andare oltre ciò che appare, perché è più il non detto del detto; dobbiamo lasciarci caricare sulle sue spalle e provare a volare in alto con lui.
Giovanni scrive di “sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei”; come è sottolineato, hanno una precisa funzione spirituale, servono per la purificazione in caso di impurità. Esse rappresentano, quindi, la religione d’Israele.
Il maestro di tavola esprime un giudizio sul vino in esso contenuto, del quale non conosce la provenienza; afferma: “E’ vino buono” (kalon oinon). Anzi, egli dice che, contrariamente alla tradizione, legata al buon senso, il vino buono è stato conservato “fin’ora” (eos anti), cioè per gli ultimi tempi.
Quelle giare rappresentano l’A.T. che non è abolito, non è cattivo, bensì è incompleto, sia perché non è da sé adeguato a mostrare pienamente Dio, sia perché non sono pienamente realizzate le promesse in esso contenute. Gesù stesso ha detto: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17).
Il vino buono è dentro gli antichi otri, infatti, come dichiara il Concilio: “Dio … ha ispirato i libri dell'uno e dell'altro Testamento e ne è l'autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nell’Antico e l’Antico fosse svelato nel Nuovo” (Dei Verbum IV,16).
Anche se l’A.T. contiene “cose imperfette e caduche”, è fondamentale per poter leggere e comprendere il N.T. C’è anche un altro aspetto molto importante, cristiani ed ebrei sono strettamente uniti, perché hanno un fondamento comune. Scrive Paolo a questo proposito: “(Oh cristiano) Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice (Israele) che porta te” (Rm 11,18).
Il filosofo Seneca scrive in una sua opera: “fratello mio, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre. È infatti così difficile raggiungerla che più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata; e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria, la velocità con cui procediamo rende sempre più distante la nostra mèta. … E’ certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni. Fissiamo dunque bene la mèta e scrutiamo attentamente il modo per poterla raggiungere, con l'aiuto di un esperto che abbia già intrapreso ed esplorato il cammino che stiamo per affrontare …” (Lucio Anneo Seneca, La felicità, I).
Possiamo fare nostre le parole di questo grande filosofo pagano; anche noi aspiriamo alla felicità, solo che noi sappiamo qual è la via; noi abbiamo l’aiuto di un esperto che ha già intrapreso ed esplorato il cammino: Gesù Cristo. Noi oggi siamo chiamati a bere il “vino buono” di Gesù, a non accontentarci dello “strepito delle voci discordi”. Scrive Ger: “il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua” (Ger 2,13).
Concludo con le parole stesse di Gesù: «Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7,37).
I fatti si svolgono a Cana di Galilea, un centro piuttosto vicino a Nazaret, dove Gesù ha vissuto. Per questo non è strano l’invito al matrimonio, come non è particolarmente strano ciò che Maria dice a Gesù: “Non hanno più vino!”; infatti le feste di matrimonio erano tali che potevano durare anche una settimana, era quindi usuale che gli ospiti portassero del vino da condividere.
L’apostolo ed evangelista Giovanni, è rappresentato come aquila, perché è colui che vola alto e vede ciò che gli altri non vedono. Il suo Vangelo infatti è “diverso” da quelli Sinottici (Mt, Mc, Lc che, messi in sinossi, cioè affiancati, mostrano i loro elementi comuni). Quando leggiamo o ascoltiamo un testo di Gv, dobbiamo cercare di andare oltre ciò che appare, perché è più il non detto del detto; dobbiamo lasciarci caricare sulle sue spalle e provare a volare in alto con lui.
Giovanni scrive di “sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei”; come è sottolineato, hanno una precisa funzione spirituale, servono per la purificazione in caso di impurità. Esse rappresentano, quindi, la religione d’Israele.
Il maestro di tavola esprime un giudizio sul vino in esso contenuto, del quale non conosce la provenienza; afferma: “E’ vino buono” (kalon oinon). Anzi, egli dice che, contrariamente alla tradizione, legata al buon senso, il vino buono è stato conservato “fin’ora” (eos anti), cioè per gli ultimi tempi.
Quelle giare rappresentano l’A.T. che non è abolito, non è cattivo, bensì è incompleto, sia perché non è da sé adeguato a mostrare pienamente Dio, sia perché non sono pienamente realizzate le promesse in esso contenute. Gesù stesso ha detto: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17).
Il vino buono è dentro gli antichi otri, infatti, come dichiara il Concilio: “Dio … ha ispirato i libri dell'uno e dell'altro Testamento e ne è l'autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nell’Antico e l’Antico fosse svelato nel Nuovo” (Dei Verbum IV,16).
Anche se l’A.T. contiene “cose imperfette e caduche”, è fondamentale per poter leggere e comprendere il N.T. C’è anche un altro aspetto molto importante, cristiani ed ebrei sono strettamente uniti, perché hanno un fondamento comune. Scrive Paolo a questo proposito: “(Oh cristiano) Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice (Israele) che porta te” (Rm 11,18).
Il filosofo Seneca scrive in una sua opera: “fratello mio, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre. È infatti così difficile raggiungerla che più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata; e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria, la velocità con cui procediamo rende sempre più distante la nostra mèta. … E’ certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni. Fissiamo dunque bene la mèta e scrutiamo attentamente il modo per poterla raggiungere, con l'aiuto di un esperto che abbia già intrapreso ed esplorato il cammino che stiamo per affrontare …” (Lucio Anneo Seneca, La felicità, I).
Possiamo fare nostre le parole di questo grande filosofo pagano; anche noi aspiriamo alla felicità, solo che noi sappiamo qual è la via; noi abbiamo l’aiuto di un esperto che ha già intrapreso ed esplorato il cammino: Gesù Cristo. Noi oggi siamo chiamati a bere il “vino buono” di Gesù, a non accontentarci dello “strepito delle voci discordi”. Scrive Ger: “il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua” (Ger 2,13).
Concludo con le parole stesse di Gesù: «Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7,37).
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