Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

venerdì 17 settembre 2010

Le stimmate di San Francesco

Da la Legenda Maggiore di San Bonaventura

Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie fatiche, la Provvidenza divina lo trasse (San Francesco) in disparte, e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna.
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresima in onore di san Michele arcangelo, quando incominciò a sentirsi inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine. Si elevava a quelle altezze non come un importuno scrutatore della maestà, che viene oppresso dalla gloria, ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto.
Egli, dunque, seppe da una voce divina che, all'apertura del Vangelo, Cristo gli avrebbe rivelato che cosa Dio maggiormente gradiva in lui e da lui.
Dopo aver pregato molto devotamente, prese dall'altare il sacro libro dei Vangeli e lo fece aprire dal suo devoto e santo compagno, nel nome della santa Trinità.
Aperto il libro per tre volte, sempre si imbatté nella Passione del Signore. Allora l'uomo pieno di Dio comprese che, come aveva imitato Cristo nelle azioni della sua vita, così doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori della Passione, prima di passare da questo mondo.
E benché ormai quel suo corpo, che aveva nel passato sostenuto tante austerità e portato senza interruzione la croce del Signore, non avesse più forze, egli non provò alcun timore, anzi si sentì più vigorosamente animato ad affrontare il martirio.
L'incendio indomabile dell'amore per il buon Gesù erompeva in lui con vampe e fiamme di carità così forti, che le molte acque non potevano estinguerle.
L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo rapiva in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso di carità, essere crocifisso.
Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo.
A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore.
Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione.
Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito.
Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne.
Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso.
Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne.
Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande.


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