Ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. 24 Sono uno sventurato! (Rm 7,23-24).
Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago (2Pt 2,22).
Una grande ansietà e una vita preoccupazione assale l’anima quando questa scopre l’ostinazione, la caparbietà, l’arroganza e la sfrontatezza del peccato, un rigurgito di dispiacere mescolato a un’opprimente disperazione scorre nell’anima quando questa scopre, dopo ripetute prove, l’inutilità di giuramenti, promesse, opere di penitenza, rimorso e lacrime: tutte cose che non recano alcun giovamento. Vige infatti la legge di santità scolpita dalla mano di Dio nel cuore di ognuno, la quale chiama incessantemente il profondo dell’anima: non c’è consolazione né riposo se non nella castità. e non c’è gioia né pace se non nella rinuncia al peccato! Ogni deviazione da questa legge provoca immediatamente un grave conflitto con la coscienza, un’opposizione alla vita stessa, un disaccordo con lo Spirito, un estraniamento dallo scopo della creazione, uno smarrimento nelle tenebre del pensiero, una mancanza di equilibrio nel giudicare la natura delle cose, una ribellione nei confronti della verità e di conseguenza un contrasto con l’Autore della legge.Tuttavia accade che l’uomo – preso da folle entusiasmo – inizi avventatamente a scontrarsi direttamente con il peccato. Ma che dolore quando scopre quanto lui stesso è mutilato e quanto è tirannico il peccato! Spinto all’esasperazione dall’entusiasmo, ripete il tentativo e rimane profondamente scosso dalla scoperta che lo spetto di Satana è lì, incarnato dietro il peccato e nascosto in quegli organi di cui si è impossessato, e domina sulle facoltà dell’anima e sui movimenti della carne in modo profondo e organizzato; il tutto è stato calcolato da lungo tempo, così da aver messo radici e da esser diventato legge. Alla fine – sì, proprio alla fine – dopo aver esaurito tutti i suoi sforzi e aver utilizzato tutte le astuzie e le sue idee, l’uomo si convince che gli è più facile contenere l’acqua in un fazzoletto, raccogliere il vento nel palmo della mano o salire a piedi fino al cielo che controllare la legge del peccato con la propria volontà o esercitare il dominio sulle potenze del male che si agitano nelle profondità delle sue membra.
È a questo punto che interviene l’azione di Cristo; solo lui ha condannato il peccato nella carne! “Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge dl peccato e della morte” (Rm 8,2).
La forza del pentimento consiste nella lotta incessante per ottenere lo Spirito di vita in Gesù Cristo, là dove la carne deve essere riscattata dalla legge del peccato per mezzo della grazia. Dal momento che possediamo la grazia possiamo lottare fino al sangue contro il peccato, sicuri che in forza della grazia noi saremo più che vincitori: “So infatti a chi ho creduto” (2Tm 1,12).
Scopo del pentimento non è che noi siamo giustificati davanti a Dio per mezzo del rimorso e la repressione esterna del peccato mediante atti di penitenza e di mortificazione della carne; scopo del pentimento è invece che noi siamo santificati interiormente dallo Spirito di Cristo – “perché sia distrutto il corpo del peccato” (Rm 6,6) – e liberati dal peccato stesso nel profondo della coscienza, che il potere e la paura del peccato svaniscano e che la grazia possa essere di guida agli impulsi della coscienza, possa tenere a freno le azioni della carne, controllare l’insorgere dei pensieri, disciplinare l’ascesi, mescolarsi all’austerità e addolcire il dolore.
Non è semplicemente il perdono del peccato che costituisce l’intera azione della grazia dell’uomo, né questo è lo scopo ultimo della fede in Cristo; lo scopo del pentimento e della fede è invece lo sradicamento del peccato dalle nostre membra, la fine dell’esistenza del suo potere, la scomparsa della sua legge dalla nostra natura; e tutto questo appartiene al potere sovrano della grazia. “Voi sapete che [Cristo] è apparso per togliere i peccati” (1Gv 3,5).
Sulla croce Cristo fu ferito al costato per versare acqua e sangue su tutti quelli che credono e vengono a lui: acqua per lavare l’impurità del peccato, e sangue per eliminarne il potere.
Davvero benedetto il giorno in cui il costato di Gesù è stato trafitto sulla croce affinché il peccatore vi trovasse la propria giustizia, la propria santità e la propria redenzione.
padre Matta El Meskin (1909-2006)
igumeno del monastero di San Macario il Grande (1969-2006)
tratto da Matta El Meskin, Comunione nell’amore, Qiqajon, pp. 127-146
igumeno del monastero di San Macario il Grande (1969-2006)
tratto da Matta El Meskin, Comunione nell’amore, Qiqajon, pp. 127-146
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