Molti propongono di permettere eccezioni dalla norma
ecclesiale, sulla base dei tradizionali principi dell'epicheia e della
aequitas canonica.
“Epicheia” ed “aequitas canonica” sono due termini di matrice
filosofico-teologica molto vasti, utilizzati in questo nostro caso
specifico nell’ambito giuridico del Diritto Canonico.
L’obiezione
relativa al significato teologico del primo termine (Epicheia) farebbe
riferimento al cosiddetto caso di «buona fede»: se un fedele è
convinto che il suo primo matrimonio è stato nullo, anche se non è
riuscito ad ottenere la dichiarazione di nullità, sulla base
dell’epicheia potrebbe contrarre una seconda unione canonica e, sempre
sulla stessa base, la Chiesa dovrebbe permetterlo (cf. Angel Rodríguez Luño, in “L’Osservatore Romano”, 26.11.1997). “Epicheia ed aequitas canonica
– afferma il card. Ratzinger citando i contributi teologici di don
Marcuzzi e del prof. Rodríguez Luño – sono di grande importanza
nell'ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono
essere applicate nell'ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha
nessun potere discrezionale. L'indissolubilità del matrimonio è una di
queste norme, che risalgono al Signore stesso e pertanto vengono
designate come norme di «diritto divino». La Chiesa non può neppure
approvare pratiche pastorali – ad esempio nella pastorale dei Sacramenti
–, che contraddirebbero il chiaro comandamento del Signore. In altre
parole: se il matrimonio precedente di fedeli divorziati risposati era
valido, la loro nuova unione in nessuna circostanza può essere
considerata come conforme al diritto, e pertanto per motivi intrinseci
non è possibile una recezione dei sacramenti. La coscienza del singolo è
vincolata senza eccezioni a questa norma”; e ancora: “Poiché il
matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale e vale il
principio fondamentale «Nemo iudex in propria causa» («Nessuno è giudice
nella propria causa»), le questioni matrimoniali devono essere risolte
in foro esterno. Qualora fedeli divorziati risposati ritengano che il
loro precedente matrimonio non era mai stato valido, essi sono pertanto
obbligati a rivolgersi al competente tribunale ecclesiastico, che dovrà
esaminare il problema obiettivamente e con l'applicazione di tutte le
possibilità giuridicamente disponibili”.
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