Siamo nel 1990
Signor Primo Ministro,
in questi ultimi giorni ho potuto manifestare a
numerosi esponenti politici la mia grande preoccupazione circa il
progetto di legge relativo all'interruzione di gravidanza. Questo testo
sta per essere votato alla Camera, dopo esserlo stato al Senato. Mi
rincresce che non sia stato raggiunto un accordo fra le principali forze
politiche su un argomento così fondamentale.
Questo progetto di
legge suscita in me un grave problema di coscienza. Temo infatti che
esso venga recepito da una gran parte della popolazione come
un'autorizzazione ad abortire durante le prime dodici settimane dopo il
concepimento.
Nutro anche una serie di preoccupazioni circa la
disposizione secondo la quale l'aborto potrà essere praticato al di là
delle dodici settimane se il nascituro è affetto "da una menomazione di
particolare gravita e riconosciuta come incurabile al momento della
diagnosi". Si è meditato come tale messaggio sarebbe avvertito dagli
handicappati e dalle loro famiglie?
In sintesi, temo che questo
progetto porti a una sensibile diminuzione del rispetto della vita nei
confronti dei più deboli. Comprenderete, dunque, perché io non voglio
essere coinvolto da questa legge. Ritengo che firmando questo progetto
di legge e dimostrando nella mia qualità di terzo ramo del potere
legislativo il mio accordo con questo progetto, assumerei
inevitabilmente una certa corresponsabilità. E questo non posso farlo,
per i motivi sopra esposti. So che agendo così non scelgo una strada
facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di
concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere. Chiedo
a quelli che si stupissero della mia decisione: "Sarebbe normale che io
fossi il solo cittadino belga costretto ad agire contro la propria
coscienza in una questione essenziale? La libertà di coscienza vale per
tutti, salvo che per il Re?".
Capisco peraltro molto bene che non
sarebbe accettabile che, a causa della mia decisione, venisse bloccato
il funzionamento delle nostre istituzioni democratiche. Per questo
invito il Governo e il Parlamento a trovare una soluzione giuridica che
concili il diritto del Re a non essere obbligato ad agire contro
coscienza con la necessità del buon funzionamento della democrazia
parlamentare. Vorrei terminare questa lettera sottolineando due punti
importanti sul piano umano. La mia obiezione di coscienza non vuole
esprimere alcun giudizio sulle persone che sono favorevoli al progetto
di legge. D'altra parte, la mia decisione non significa che io sia
insensibile alla situazione molto difficile e talora drammatica con la
quale alcune donne sono messe a confronto. Vi chiedo, signor Primo
Ministro, di rendere nota questa lettera, nei modi che riterrete più
opportuni, al Governo e al Parlamento.
Baldovino I re dei Belgi
Secondo Leo Suenens, primate della
Chiesa cattolica belga dal 1962 al 1980, amico e confidente di
Baldovino, «questo re pastore è stato soprattutto il modello del suo
popolo. Gli ha dato l'esempio di una coscienza fine, sensibile,
infinitamente delicata, docile alle minime ingiunzioni morali e
spirituali. Per lui la coscienza era un assoluto: era la voce dell'uomo
profondo e la voce di Dio. Egli l'ha seguita sempre, anche a rischio dei
suoi interessi personali, a rischio della sua posizione di Re. La vita
umana, pensava, valeva questo prezzo».
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