XVII DOMENICA T.O.
«Non
la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,32), dice Dio riferendosi
agli abitanti di Sodoma e Gomorra; peccatori incalliti.
Quando Dio si è incarnato, ha scelto un nome: Gesù, che significa, Dio salva. Per noi è ovvio, che Dio non
vuole distruggere il peccatore, perché abbiamo sentito la parola di Gesù: “Io non voglio la morte del peccatore, ma che
si converta e viva”, gli antichi invece non avevano la nostra stessa
certezza. Essi spesso attribuivano a Dio i propri sentimenti. Invece, dice Dio
stesso in un Salmo: “Forse credevi che io
fossi come te!” (Salmo 50,21). Il dio distruttore è frutto del cuore duro
degli uomini.
Grazie a Gesù, alle sue parole, ai suoi
atteggiamenti, sappiamo, che per chi è nel peccato, fino all’ultimo istante di
vita, c’è la possibilità della conversione. Il primo santo, canonizzato da Gesù
stesso, è un delinquente, che pendeva al Suo fianco sulla croce.
Certo, Dio non ci salva, se non vogliamo
essere salvati; Dio non ci libera, se non vogliamo essere liberati: “Dio,
che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te” (Sant’Agostino,
Sermo CLXIX,13). Dio può tutto, ma si
ferma in attesa davanti alla nostra libertà.
Oggi, attraverso il dialogo con Abramo,
Dio ci dice: “Si dimentica forse una
donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco,
sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,15s). Lasciamoci
penetrare da queste parole, che sono “più
dolci del miele e di un favo stillante” (Salmo 18,11), ma diciamole anche a
coloro che incontriamo e, che ne hanno bisogno.
Non siamo noi, che dobbiamo convincere Dio
a non distruggere chi è nel peccato, ma è Dio che vuole convincere noi. Dice
Dio al profeta Giona, che non voleva la salvezza dei Niniviti: “Io non dovrei avere pietà di Ninive, quella
grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno
distinguere fra la mano destra e la sinistra …?» (Gio 4,11).
Ecco poi una domanda importantissima e che
dovrebbe essere sulla bocca di ognuno di noi.: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc 11,1). Scrive in un suo libro
Matta el Meskin: “Il mondo oggi ha sete
di testimonianze di una fede viva in Gesù Cristo: non ha tanto sete di ascoltarle,
quanto soprattutto di viverne. Di libri e maestri che parlano di Cristo ne
esistono … ma di uomini di preghiera che vivono con Cristo, che parlano con
Cristo, quanti ce ne sono?”.[1]
I discepoli fanno questa
domanda a Gesù, perché lo hanno visto pregare e hanno capito, che in Lui c’è
qualcosa di diverso, la sua preghiera non è come quella delle guide di Israele. Abbiamo bisogno di maestri di
preghiera e, il mondo ha bisogno che noi siamo maestri di preghiera.
Sulla preghiera si fonda infatti la
qualità della vita di fede del cristiano, perché senza di essa non c’è
relazione con Dio e, piano piano, Egli diventa un emerito sconosciuto, del
quale abbiamo sentito parlare, ma che non ha nessuna incidenza concreta sulla
nostra esistenza. Chiediamo ai nostri pastori: “Insegnami a pregare!”.
Attenzione a come ascoltiamo il racconto
dell’amico importuno, perché subito ci viene da pensare, che è con l’insistenza
che si convince Dio; bisogna prenderlo per sfinimento. Invece quello che Gesù
dice chiaramente è che, l’insistenza non serve con Dio, che ci ama
infinitamente, sempre ci ascolta e sempre ci concede lo Spirito Santo. Non ho
detto che ci concede ciò che chiediamo, anche se a noi sembra il meglio, ma lo
Spirito Santo. Grazie a Lui, noi possiamo conoscere e accogliere la volontà del
Padre; ci dona la forza necessaria per compiere ciò che il Signore ci chiede;
riesce a mostrarci l’abisso del nostro peccato e a liberarcene; trasforma il nostro
cuore di pietra in cuore di carne; ravviva
in noi la speranza; ci rende santi come Lui è santo; ci fa diventare sapienti,
capaci di accompagnare gli altri sulla via della felicità.
“La
preghiera è quell’atto essenziale nel quale Dio stesso, senza che noi che ne
rendiamo conto, opera in noi il cambiamento, il rinnovamento, la crescita dell’anima”.[2]
Nessun commento:
Posta un commento