Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

giovedì 3 aprile 2014

Bellissimo testo di Bonhoeffer



Dietrich Bonhoeffer è un pastore luterano (1906 - 1945) che ha pagato con la vita la sua fedeltà al Cristo - fu fatto impiccare per diretto ordine di Hitler -. Le sue parole sono fresche, nonostante siano state pronunciate oltre sessant'anni fa. Egli parla alla comunità luterana, ma possiamo fare nostre le sue provocazioni.

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In periodi di rinnovamento della Chiesa accade spontaneamente che la Sacra Scrittura acquisti maggiore importanza per noi. Dietro le necessarie «parole d’ordine e di sfida» delle discussioni ecclesiastiche si fa viva una ricerca più intensa di Colui che solo ha importanza: la ricerca di Gesù Cristo stesso. Che cosa ci ha voluto dire Gesù?
Che cosa s’aspetta da noi, oggi? Come ci aiuta a essere cristiani fedeli, oggi? Per noi, in ultima analisi, non conta ciò che richiede questo o quell’uomo di chiesa; vogliamo sapere che cosa vuole da noi Gesù. Vogliamo sentire la sua Parola quando andiamo a sentire un sermone. Questo ci sta a cuore non solo per noi stessi, ma anche per tutti coloro che, in gran numero, si sono straniati dalla Chiesa e dal suo messaggio. Certo, crediamo anche noi che tutt’altra gente ascolterebbe la Parola e ben altri si allontanerebbero da essa, se Gesù stesso, se nel sermone, Gesù solo fosse in mezzo a noi con la sua Parola. Non che la predicazione della nostra chiesa non sia più Parola di Dio; ma quale tono impuro, quante dure leggi umane, quante false speranze e consolazioni offuscano la chiarezza della Parola di Gesù e rendono difficile una scelta genuina! Non è certo solo colpa degli altri se la nostra predicazione, che senz’altro vuol essere solo annunzio di Cristo, appare loro dura e difficile, perché è farcita di formule e concetti a loro estranei. Non è certo vero che ogni parola che oggi vien detta contro la nostra predicazione è già un rifiuto di Cristo, un’opposizione al cristianesimo. Vogliamo veramente rinnegare la comunione con coloro che vengono ad ascoltare la nostra predicazione - e sono numerosi e che ciononostante sempre di nuovo devono ammettere, addolorati, che rendiamo loro troppo difficile l’accesso a Cristo? Sono convinti di non volersi sottrarre alla Parola di Gesù, ma che troppe sovrastrutture umane di istituzioni, di dottrina si frappongono tra loro e Gesù. Chi di noi non avrebbe subito pronte numerose risposte, con le quali ci possiamo facilmente sottrarre alla nostra responsabilità di fronte a loro? Ma non sarebbe pure una risposta il chiederci se non siamo spesso noi stessi a precludere la strada alla Parola di Gesù, restando forse troppo strettamente legati a determinate formule, ad un tipo di predicazione adatto a un determinato tempo e luogo e ad una determinata struttura sociale? essendo forse veramente troppo ‘dogmatici’ e troppo poco «aderenti alla vita»? ripetendo volentieri certi pensieri della Scrittura e trascurandone altri non meno importanti? annunziando sempre ancora troppo opinioni e convinzioni personali e troppo poco semplicemente Gesù Cristo? Nulla, certo, vi sarebbe di più contrario alla nostra vera intenzione ed allo stesso tesso tempo nulla di più pernicioso per il nostro annunzio che il caricare afflitti ed oppressi, che Gesù chiama a sé, di pesanti regole umane, allontanandoli così da lui. In questo modo scherniremmo l’amore di Gesù Cristo di fronte a cristiani e a pagani! Ma dato che interrogativi generali e autoaccuse non ci sono di nessun aiuto, vogliamo lasciarci ricondurre alla Sacra Scrittura, alla Parola ed al richiamo di Gesù Cristo stesso. In questa, chiusi come siamo nella povertà e angustia delle nostre proprie convinzioni e dei nostri problemi, cerchiamo l’ampiezza e ricchezza che ci vengono donate in Gesù.
Vogliamo parlare della nostra vocazione a seguire Gesù. E così imponiamo agli uomini un nuovo pesante giogo? A tutte le regole umane, che opprimono anima e corpo, verrebbero ad aggiungersi regole ancora più dure ed ineluttabili? Richiamando alla necessità di seguire Gesù intendiamo inculcare nelle coscienze già così preoccupate e ferite una spina ancora più acuta? Si vogliono imporre, per l’ennesima volta nella storia della Chiesa, pretese impossibili, tormentose, eccentriche, alle quali possono, si, dar seguito alcuni pochi, come a un pio lusso, che però l’uomo che lavora e che deve preoccuparsi del suo pane, della sua professione, della sua famiglia non può che rifiutare come la più empia tentazione di Dio? La Chiesa intende forse erigere una tirannia spirituale sugli uomini decidendo e ordinando, autoritariamente e sotto minaccia di pene temporali ed eterne, quanto un uomo debba credere e fare per essere salvato? La parola della Chiesa dovrebbe imporre alle anime una nuova tirannia e oppressione? Potrebbe anche darsi che qualcuno desideri un tale asservimento. Ma la Chiesa potrebbe mai dar seguito a una simile richiesta?
La Sacra Scrittura, quando invita a seguire Cristo, annunzia la liberazione dell’uomo da ogni precetto fatto da uomini, da tutto ciò che pesa, che opprime, che preoccupa, da tutto ciò che tormenta la coscienza. Seguendo Cristo gli uomini si liberano dal pesante giogo delle loro proprie leggi e si pongono sotto il dolce giogo di Gesù Cristo. Forse che in questo modo la serietà dei comandamenti di Gesù è diminuita? Tutt’altro! Proprio  dove viene mantenuto tutto il comandamento di Gesù, l’invito a seguirlo incondizionatamente, si rende possibile la totale liberazione dell’uomo e la sua piena comunione con Gesù. Chi obbedisce senza riserve al comandamento di Gesù, chi accetta il suo giogo senza alcuna opposizione, proverà quant’è dolce il peso che deve portare, riceverà nella leggera pressione di questo giogo, la forza di camminare per la via diritta senza stancarsi. Il comandamento di Gesù è duro, inumano per chi gli oppone resistenza. Il comandamento di Gesù è leggero e dolce per colui che lo accetta con prontezza. «l suoi comandamenti non sono gravosi» (1 Gv. 5,3). Il comandamento di Gesù non ha nulla a che vedere con energiche «cure dell’animo». Gesù non ci chiede nulla senza darci anche le forze per attuarlo. Il comandamento di Gesù non vuole mai distruggere la vita, ma sempre mantenerla, fortificarla, guarirla.
Ma resta ancora la domanda, che senso possa avere, oggi, l’invito a seguire Gesù per l’operaio, per l’uomo d’affari, per l’agricoltore, per il soldato; la domanda, se in questo modo nell’esistenza dell’uomo e del cristiano che lavora nel mondo non venga suscitato un insopportabile dissidio. Il cristianesimo di chi segue Gesù non sarebbe accettabile solo da una minima parte di uomini? Non si rischierebbe di respingere la massa del popolo? di disprezzare i deboli e poveri? Non si rinnegherebbe proprio così la grande misericordia di Gesù Cristo, che è venuto dai peccatori e pubblicani, dai poveri e deboli, da chi erra e dispera? Che dire? Sono pochi o sono molti coloro che appartengono a Cristo? Gesù è morto sulla croce, solo, abbandonato dai suoi discepoli. Accanto a lui erano crocefissi non due dei suoi fedeli, ma due malfattori. Ma sotto la croce c’erano tutti: nemici e credenti, dubbiosi e paurosi, schernitori e vinti, e Gesù pregò per tutti e per tutti implorò il perdono. L’amore misericordioso di Dio vive in mezzo ai suoi nemici. È lo stesso Gesù Cristo la cui grazia invita noi a seguirlo e la cui grazia salva il malfattore crocefisso nella sua ultima ora.
L’invito a seguirlo dove condurrà coloro che lo seguono? Quali scelte e quali divisioni porterà con sé? Questa domanda dobbiamo rivolgerla a Colui che solo sa darci una risposta. Gesù Cristo, che ci comanda di seguirlo, è il solo a sapere dove ci condurrà questa via. Ma noi sappiamo che sarà senz’altro una via indicibilmente misericordiosa. Seguire Gesù è letizia.
Oggi pare così difficile percorrere con decisione la stretta via della scelta della Chiesa e allo stesso tempo rimanere nell’ampiezza e profondità dell’amore di Cristo per tutti gli uomini, della pazienza, della misericordia, della ‘filantropia’ di Dio (Tt.3,4) accanto ai deboli e agli atei; eppure le due cose devono restare insieme, altrimenti percorriamo vie umane. Il Signore ci doni, in tutta la serietà con cui desideriamo seguirlo, la gioia; in tutto il nostro rifiuto del peccato l’accettazione del peccatore; in tutta la nostra lotta contro i nemici la Parola dell’Evangelo che sa vincere e conquistare.
« Venite a me, voi tutti che siete stanchi e affaticati, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo alle vostre anime, perché il mio giogo è soave e il mio peso leggero (Mt. 11,28)».

Dietrich Bonhoeffer, Sequela

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