XIII DOM. T.O.
“Dimmi con chi vai e ti dirò chi
sei”; è un proverbio popolare secondo il quale, sostanzialmente, ognuno
tende a unirsi con i propri simili. In realtà, sappiamo bene che ciò non è vero,
almeno non in termini assoluti – quanti adolescenti appartengono a un gruppo,
perché è l’unico che li accoglie, anche se non se ne condividono pienamente lo
stile -, ma può esprimere bene la natura di ogni cristiano. Noi siamo quelli
che seguono Cristo Gesù: Lui è la nostra vera identità.
Il Vangelo non è altro che la via per
vivere in maniera piena, bella, conforme alla nostra natura. Ogni essere umano
è stato creato per vivere evangelicamente. Saremo pienamente noi stessi, quanto
più ci lasceremo plasmare nel profondo dal Vangelo. I Santi sono la conferma
che, chi si lascia raggiungere dal Vangelo, diventa portatore di una luce che,
inconsapevolmente, promana da tutta l’esistenza e illumina chi lo circonda. Perché
amiamo san Francesco d’Assisi? Perché è una creatura bella, pienamente umana.
La storia dimostra anche che, ogni volta
che il Vangelo viene oscurato e messo da parte, ne va della umanizzazione della
realtà. Abbiamo un piccolo esempio appena ascoltato, quando “Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che
diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Lc 9,54). Cosa è avvenuto? Gesù sta andando decisamente a
Gerusalemme dove sa che, per il bene degli uomini, sarà ucciso e umiliato; lungo la strada, dei
Samaritani rifiutano di accoglierLo, per questo i due uomini vogliono
vendicarLo dell’offesa. Ecco, loro non stanno applicando il Vangelo, ma una
logica tutta umana e spietata. Stanno dietro a Gesù, tant’è che Egli si volta
per rimproverarli, ma non lo stanno seguendo. Come è
vero che dove entra la luce, scompare la tenebra, è altrettanto vero che, dove
giunge il Vangelo realmente vissuto, il male regredisce; dove il Vangelo è
rifiutato, invece, la tenebra avanza.
Cosa significa seguire? Fidarsi di una guida, stare dietro, lasciare che
sia qualcun altro ad aprire la strada e
a indicare il percorso.
Gesù dice di sé: “Io sono la via,
la verità e la vita” (Gv 14,6) e “Io sono la luce del mondo; chi segue me,
non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Il Signore dice
esplicitamente che chi Lo segue trova la vita, quella vera.
Il Vangelo non è
una serie di parole da capire, ma una via da percorrere, dei fatti da compiere, delle parole da dire: “Il Vangelo … non è fatto per essere
compreso … ma per essere accolto da noi” (M. Delbrel, La gioia di credere, 29). Noi siamo come degli apprendisti,
affidati a un esperto che ci mostra come muovere i piedi e le mani. Gesù sta
davanti, ma se non Lo guardiamo, se non stiamo con Lui, se non mettiamo i piedi
nelle Sue orme, non possiamo dire di seguirLo. Seguire, significa, ripetere i
Suoi gesti; far risuonare la Sua voce; combattere gli stessi nemici; fare
nostra la Sua logica. Abbiamo bisogno di uomini e di donne che siano riflesso
della Sua presenza; che ci mostrino con la loro vita, la Sua vita. Abbiamo
bisogno di maestri di Vangelo. Afferma il beato papa Paolo VI: “Ci è sembrato opportuno parlarvi … dell’importanza
della testimonianza personale e l’unità dei vari testimoni del Vangelo tra loro
e con i loro Vescovi. L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni
che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni. Egli prova in effetti una istintiva
avversione per tutto ciò che può apparire come inganno, facciata, compromesso.
In questo contesto si comprende l’importanza di una vita che risuona veramente
del Vangelo! … gli uomini
di questo tempo … conoscono facilmente l’insicurezza, la paura, l’angoscia. … I nostri
fratelli … hanno bisogno di incontrare altri fratelli che
irradino la serenità, la gioia, la speranza, la carità, malgrado le prove e le
contraddizioni che toccano anche loro. … Le nuove generazioni hanno particolarmente sete di sincerità, di
verità, di autenticità. Esse hanno orrore del fariseismo in tutte le sue forme.
Si capisce perciò come esse si attacchino alla testimonianza di esistenze
pienamente impegnate al servizio di Cristo. Percorrono tutti gli angoli della
Terra per trovare dei discepoli del Vangelo, trasparenti a Dio e agli uomini,
che rimangono giovani della giovinezza della grazia di Dio. Le
nuove generazioni vorrebbero incontrare più testimoni dell’Assoluto. Il mondo
attende il passaggio dei santi” (Paolo
VI, Udienza al Pontificio Consiglio per i
laici del 2 ottobre 1974).
Non c’è sequela se non c’è conversione: “Se non si comincia di qui,
nella vita cristiana non si comincia affatto. Senza questa autocontestazione di
partenza, ogni atteggiamento religioso sarebbe senza fondamento e riuscirebbe
ingannevole. E non è solo un atteggiamento iniziale: … deve accompagnare tutto
il nostro pellegrinaggio …: è una dimensione essenziale e inalienabile
dell'esistenza” (G. Biffi, Meditazione dettata
dal Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, Aula
Paolo VI, 8 febbraio 2000). Metànoia, la parola greca che traduciamo
con conversione significa, giudicare
diversamente, cambiare mentalità, mutare volontà o decisione, passare da un
sentimento a un altro, provare dispiacere. La conversione è quindi innanzitutto
un processo interiore che, se è autentico, porta inevitabilmente a un mutamento
esteriore. Ancora la sapienza popolare ci viene in soccorso, quando afferma
che, “non si può tenere il piede in due
scarpe”: o stai con Cristo o stai con qualcun altro. Non si può essere
Suoi, ma nel contempo seguire altre logiche, altri signori. Per questo Gesù,
mentre chiede ad alcuni di seguirLo, gli dice di non tornare a seppellire un
cadavere e di non andare a congedarsi con quelli di casa; non sta proponendo
una disumanizzazione delle relazioni, ma una scelta: chi vuoi seguire?
Signore Gesù, di’ anche a me: “Seguimi!”,
prendimi per mano, affinché non continui a fermarmi e a cambiare strada, a lasciarmi
distrarre lungo il cammino. Io so che “solo
Tu hai parole di vita eterna”.
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