ASCENSIONE DEL SIGNORE
Attraverso la liturgia noi riviviamo gli eventi della vita di Gesù:
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a
Natale eravamo a Betlemme ad adorare il Dio bambino;
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per
l’Epifania abbiamo visto i magi entrare a Gerusalemme per incontrare il Re dei
Re;
-
a
Pasqua eravamo davanti al sepolcro vuoto con Maria;
-
in
questi quaranta giorni abbiamo incontrato il Signore vivo che, ci è apparso e
ci ha parlato “delle cose riguardanti il
regno di Dio”;
-
oggi
Lo contempliamo mentre ascende al cielo.
Perché tutto questo?
E’ solo uno spettacolo da vedere senza pagare il
biglietto? Le nostre chiese sono teatri più o meno belli, dove un regista più o
meno capace dirige attori più o meno adeguati? No! Noi viviamo questi eventi
attraverso la mediazione dei gesti, dei segni e delle parole liturgiche, per
lasciarci raggiungere da Dio ed entrare nel Suo progetto di salvezza per il mondo.
Siamo qui, affinché attraverso di noi,
sia santificato e non profanato il nome del Signore; sia edificato il Suo regno
e non quello dell’anticristo; perché sia fatta la Sua e non la nostra volontà.
Non siamo e non possiamo essere spettatori.
Oggi chiediamo allo Spirito Santo di farci fare l’esperienza di coloro
che andarono sotto la croce “a vedere questo spettacolo” ma “ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto”
(Lc 23,48); ciò che hanno appena vissuto li ha feriti, toccati in profondità:
sono andati per passare il tempo vedendo morire degli uomini e ritornano
cambiati da quella vicenda.
Anche a ciascuno di noi personalmente Gesù
dice: “Saranno
predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando
da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,47s). Noi siamo chiamati a essere annunciatori, ma
questo sarà possibile solo se siamo testimoni, ossia se come l’evangelista
Giovanni possiamo dire: “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con
i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del
Verbo della vita … – quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunciamo anche a voi” (1Gv
1,2s).
I discepoli “se ne tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24,52).
Evidentemente non percepiscono l’ascensione di Gesù come una separazione, forse
perché sentono risuonare nel cuore le parole di Gesù: “io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
(Mt 28,20). Anche noi allora dobbiamo tornare a casa non con il volto triste
come i discepoli di Emmaus, bensì pieni di gioia, con la consapevolezza che il
Cristo è con noi. Come?
Attraverso il Sacramenti, la Parola di
Dio, i pastori e i poveri. Non sono mediazioni simboliche; Cristo è realmente
presente e agisce realmente attraverso il Sacramenti. E’ Lui che battezza,
diventa cibo, perdona, si fa presente attraverso i pastori e accompagna nella
malattia. E che dire della Parola? I proclamatori Gli prestano la voce, ma è
Lui che parla per consolare, provocare, mettere in crisi, orientare l’esistenza,
ecc …
San Francesco aveva talmente ben presente
tutto questo che amava e rispettava i sacerdoti, anche quelli che definiva “poverelli”,
ossia poco degni, proprio perché dietro la loro inadeguatezza riconosceva il
Cristo; per questo si nutriva della Parola, fin tanto da saperla quasi a
memoria; si era messo dalla parte dei minori, ossia di quelli che la società
del tempo, come ogni società, emarginava, buttava fuori dai propri confini.
Signore Gesù insegnaci a cercarti dove Tu
sei e non a continuare ad errare qua e
là “come pecore senza pastore”; donaci occhi capaci di riconoscerTi, anche se
le mediazioni non sono sempre adeguate e all’altezza, se è stato possibile per
Francesco di Assisi e tanti santi,perché non dovrebbe essere possibile a noi? Non
vogliamo più essere spettatori passivi, ma protagonisti con Te della salvezza
di questo mondo che, ha tanto bisogno di Te e della Tua bellezza.
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