XXVIII DOM. T.O.
“Gesù,
maestro, abbi pietà di noi” (Lc
17,13). Per poter essere aiutati da Dio e, non solo, ci vuole il
desiderio
che, si esprime con una
richiesta.
Sembra scontato, ma in realtà c’è un mare di persone
che, non possono essere aiutate, in quanto non vogliono essere
aiutate a
uscire dalla loro “malattia”. Come mai? Perché costa un
impegno
ritenuto
eccessivo;
perché hanno gettato la spugna dopo avere applicato cure inadeguate
o del tutto sbagliate (cfr. emorroissa); perché nessuno li sostiene
e non se la sentono di camminare da soli; perché gli è stato detto
che sono inguaribili, ecc …
Ascoltiamo
allora
queste
parole che, sono come un balsamo: “Hai
compassione di tutti, perché tutto puoi ... Tu infatti ami tutte le
cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai
creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata”
(Sap
11,23s).
Per
questo
“Dio,
nostro salvatore, ... vuole che tutti gli uomini siano salvati e
giungano alla conoscenza della verità”(1Tm
2,3bs). Egli
vuole che “tutti
siano salvati”,
ma
non impone nulla, perché la
salvezza offerta, va prima liberamente
accolta.
I
dieci lebbrosi guariscono solo nel momento in cui si mettono in
cammino, obbedendo: “mentre
essi andavano, furono purificati”
(Lc 17,14).
Abbiamo
ascoltato le parole di Naaman, dopo la sua immersione nel Giordano:
“il suo corpo
ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato”
(2Re 5,14). Guardiano però quale fu la sua reazione quando il
profeta Eliseo
gli chiese di immergersi sette volte nel fiume: “Naamàn
si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà
fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio,
agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”.
Forse … (i),
fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele?
Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne
partì adirato”
(5,11ss).
Per
un pelo non se n’è tornato a casa con la sua malattia.
Quante
volte ci mettiamo a discutere con le cure di Dio, perché,
presuntuosamente, crediamo di conoscerne delle nuove e più adeguate.
Anzi,
oramai diamo per scontato che la “medicina” di Dio non sia
efficace:
-
il
sacramento
della Riconciliazione:
quanti
lo vivono
per quello che dovrebbe essere – momento di battaglia contro il
peccato - e, non solo, come una sorta di psicoterapia gratuita? Il
male e il peccato sono un virus che, se non combattuti, operano
liberamente e
devastano l’uomo;
-l’Eucaristia,
farmaco d’immortalità: «Chi
mangia di questo pane, vivrà in eterno»
(Giovanni 6, 51-58), dice Gesù e questa non è solo riferita alla
vita eterna dopo la morte, ma già alla vita nuova, piena, sana,
matura oggi. Non
possiamo però ridurre l’Eucaristia solo a un fenomeno sociale,
orizzontale, dove conta di più lo scambio di pace che l’incontro
col Cristo vivo. “Il
Cristo
dell’Eucaristia tocca l’anima, e l’anima che viene toccata
nelle sue profondità più abissali - dove solo Cristo, quindi Dio,
può arrivare - è così felice di essere toccata in questo suo
centro che risponde capendo di aver ricevuto il dono più grande fra
tutti i doni possibili: l’amore di Dio. L’anima ha sete solo di
questo. Ha sete d’Infinito. Vuole essere posseduta dall'Infinito”
(A.
Mosca Mondadori,
Farmaco di imortalità).
-
la
parola di Dio:
“Il tuo
comando mi fa più saggio dei miei nemici, perché esso è sempre con
me. Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi
insegnamenti. Ho più intelligenza degli anziani, perché custodisco
i tuoi precetti. Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo
sentiero,
per osservare la tua parola. Non mi allontano dai tuoi giudizi, perché sei tu a istruirmi. Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca. I tuoi precetti mi danno intelligenza, perciò odio ogni falso sentiero” (Salmo 119,97);
per osservare la tua parola. Non mi allontano dai tuoi giudizi, perché sei tu a istruirmi. Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca. I tuoi precetti mi danno intelligenza, perciò odio ogni falso sentiero” (Salmo 119,97);
-
la
preghiera,
non vissuta come una sorta di pratica di training
autogeno
(tecnica di rilassamento usata per la gestione dello stress e delle
emozioni, e nei disturbi psicosomatici), ma come spazio di relazione
e di incontro personale con il Signore della vita. La preghiera dove
il Signore parla al nostro cuore è quella che risana, cambia la
storia;
-
la
vita
con
le sue fatiche: più si scappa dalla fatica e meno si ha la
possibilità di guarire, perché si vaga di luogo in luogo, di
relazione in relazione, portando con sé il proprio male. Un ammalato
lo si può traferire anche in un letto d’oro, ma sempre ammalato
resta.
Gesù
ha guarito dieci lebbrosi, ma solo uno è stato salvato, perché non
si è accontentato di una guarigione temporanea, esteriore, per
quanto preziosa, ma ha voluto essere risanato nel profondo. Egli non
si è “accontentato” di un miracolo, ma ha scelto una guarigione
totale. Questo è ciò che è offre Gesù Cristo, non un benessere
passeggero, ma una vita nuova, ma non può imporcerla, se non la
desideriamo.
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